Adolescenti. Va di moda il piercing, il Bambino Gesù: «Attenti ai rischi»
Annalisa Guglielminolunedì 30 gennaio 2017
Tornano di moda i piercing, così come i tatuaggi, specialmente tra i giovani. Gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù provano a fornire alcune indicazioni, come per esempio mettere in guardia dai rischi clinici che possono occorrere in caso di mancato rispetto di cautele e norme igieniche elementari. «La scelta di tatuarsi o di applicare un piercing va affrontata con molta serietà per almeno due ragioni: perché il tatuaggio che facciamo oggi resterà dov’è e com’è per tutta la vita e perché sia piercing sia tatuaggi comportano rischi, anche gravi, per la salute». L'avvertimento è contenuto nell'ultimo numero del periodico A scuola di salute (leggi per intero), interamente dedicato a un fenomeno non certo nuovo ma che in Europa registra una continua crescita tra i giovani: la moda del piercing coinvolge circa il 30% dei giovani europei. In Italia emerge che circa il 20,3% dei ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni ha applicato un piercing, con maggiore incidenza nel sesso femminile (Indagine Eurispes su 3800 ragazzi).
«Tatuare la pelle è indelebile come le esperienze, fa parlare il corpo con il linguaggio dei simboli, così frequente in adolescenza. Comporta dolore, coraggio, sacrificio, come i rituali antichi che definivano passaggi di status o di appartenenza. Parlare per simboli è normale in adolescenza, ma può essere importante che gli adulti (genitori, insegnanti, educatori, pediatri) favoriscano un contesto in cui poter esprimere a parole pensieri e contenuti», scrivono gli esperti.
Con tatuaggi e piercing si possono trasmettere infatti infezioni batteriche sulla pelle, che a volte possono entrare nel sangue e coinvolgere perfino il cuore. Si possono trasmettere anche i virus dell’epatite B e C e, in misura minore, anche il virus dell’Aids. Anche gli inchiostri utilizzati per il tatuaggio e i metalli per il piercing possono rappresentare un problema. Per esempio l’hennè nero, ottenuto attraverso un composto molto pericoloso come la parafenilendiamina (PPD), può provocare allergie temibili.
Non si torna indietro
Se liberarsi di un segno che non si desidera più è più facile per il piercing, purché ci si faccia seguire da un dermatologo
esperto per evitare cicatrici sfiguranti e per accelerare la chiusura del foro, più difficile è cancellare i tatuaggi. «La tecnica che dà
oggi i risultati migliori, nelle mani di un dermatologo esperto, è il laser che tuttavia può non essere in grado di rimuovere tutto
il tatuaggio e può portare a cicatrici permanenti (oltre a essere molto costoso) - precisa il Bambino Gesù -. Altre tecniche come la dermoabrasione, l’asportazione chirurgica, talvolta con autotrapianto di pelle, la criochirurgia possono venir prese in considerazione ma spesso danno risultati meno soddisfacenti della tecnica laser e causano problemi estetici analoghi».
«I genitori e gli insegnanti - prosegue lo speciale - dovrebbero dunque assumere una posizione accogliente e non giudicante, ascoltando e valutando insieme le motivazioni dell’eventuale pratica, informando sugli eventuali rischi e prevenendo la pratica in possibili condizioni pericolose e poco igieniche»
Tatuaggi e piercing tra storia e cultura
La nascita dei tatuaggi orientali è dovuta a leggi che nell’antico Giappone vietavano alla popolazione di basso rango di portare
kimono decorati. In segno di protesta si diffuse la moda di portare, nascosti sotto i vestiti, tatuaggi che coprivano tutto il corpo. Ma il tatuaggio arriva da ancora più lontano. Tra le testimonianze storiche, alcune pitture funerarie dell’antico Egitto, ma la pratica era diffusa anche fra i Celti e i Crociati. È nel 1769 che, a Tahiti, il capitano inglese James Cook, trascrive per la prima volta la parola Ta-tt-o-w (poi tattoo, in italiano tatuaggio). Il nome deriva da “tau-tau”, termine onomatopeico che ricordava il rumore prodotto dal legno sull’ago per bucare la pelle.
Di origini preistoriche, la formula piercing o body piercing (dall’inglese to pierce, “perforare”, ndr) indica la pratica di forare alcune parti del corpo per introdurre oggetti in metallo, osso, pietra o altro, materiale. I primi sono praticati fin dai tempi antichi: ce ne sono testimonianze anche nella Bibbia.
«Oggi - conclude il Bambino Gesù - gli studi sugli adolescenti con età media di 16 anni hanno mostrato che chi desidera e pratica il piercing tende a presentare relazioni conflittuali con la famiglia, tratti temperamentali come tendenza all’impulsività e ricerca di nuove sensazioni, comportamenti disfunzionali come l’abitudine di fumo e uso ricorrente di alcool».