Il silenzio del Tg1 sull’inchiesta di Bari e sulle frequentazioni private del presidente del Consiglio diventa un caso politico di cui si occuperà la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai: domani l’ufficio di presidenza deciderà se convocare il direttore della testata Augusto Minzolini, come chiede il centrosinistra. Ma sul giornalista, da poco nominato alla guida del tg della rete ammiraglia, è già intervenuto ieri il presidente della Rai Paolo Garimberti. Intorno a mezzogiorno, al settimo piano della sede di viale Mazzini, in un colloquio durato circa 20 minuti, Garimberti ha ricordato a Minzolini che «completezza e trasparenza dell’informazione sono un dovere imprescindibile del servizio pubblico radiotelevisivo». Minzolini, da parte sua, si è spiegato con un editoriale nel tg della sera, affermando che la «posizione prudente» sugli incontri nelle case di Berlusconi dipende solo da un fatto: «Dentro questa storia piena di allusioni, testimoni più o meno attendibili e rancori personali, non c’è ancora una notizia certa e tanto meno un’ipotesi di reato che coinvolga il premier e i suoi collaboratori », ma solo «gossip». Più volte in queste settimane – ha osservato il direttore – «è stata messa sotto i riflettori la vita privata del premier in nome di un improvviso moralismo», ma «strumentalizzazioni e processi mediatici non hanno nulla a che vedere con il servizio pubblico». Né il Tg1 «può mettersi a «scimmiottare qualche quotidiano o rotocalco». Una linea di difesa «incredibile» e che lascia «allibiti», per Paolo Gentiloni del Pd, perché «Minzolini è l’unico direttore di telegiornale del mondo occidentale a considerare 'non notizie' le notizie» che coinvolgono Berlusconi. Editoriale «sconcertante» anche a giudizio dell’ex-girotondino Francesco Pardi dell’Idv. E «inaccettabile» per Carlo Verna, il segretario dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai: «Come si fa a definire gossip, pettegolezzo, un’inchiesta giudiziaria di cui parlano i giornali di mezzo mondo?». Con Minzolini si è schierato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e portavoce del premier Paolo Bonaiuti: «L’informazione pubblica segue i fatti e non i pettegolezzi», ha affermato, ma «la sinistra ancora sogna Telekabul». In attesa di affrontare la vicenda, il presidente della commissione di Vigilanza Sergio Zavoli (Pd) si è detto convinto che vadano «riscritte con urgenza le regole per renderle finalmente vincolanti », affermando il principio in base al quale «non può darsi che proprio il servizio pubblico venga meno al dovere di rispettare il pluralismo e la completezza dell’informazione». A innescare anche a livello aziendale la polemica che già da giorni infuriava nei palazzi della politica era stato, domenica sera, Nino Rizzo Nervo, consigliere di amministrazione Rai in quota centrosinistra. In una nota sul «silenzio» relativo al caso di Bari, Rizzo Nervo aveva rilevato che il Tg1 «deve rispondere ai milioni di cittadini che pagano il canone per ricevere un’informazione completa e non condizionata dalle amicizie personali di chi pro-tempore dirige un telegiornale ». Ma, soprattutto, aveva avvertito Minzolini che «la continua violazione degli impegni» presi con l’editore «può rappresentare una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro». Parole che hanno spinto il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri a protestare: «È inaccettabile che Rizzo Nervo minacci Minzolini». Di «intimidazioni » hanno parlato anche il viceministro delle Comunicazioni Paolo Romani e il vicepresidente della Vigilanza Giorgio Lainati. Intanto il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro sta cercando di aumentare i 'capi d’imputazione' a carico di Minzolini, addebitandogli anche «il silenzio» sul suo partito. In campo la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai