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Il braccio di ferro. Test per le toghe, Gratteri: allora anche per chi governa

Massimo Chiari mercoledì 27 marzo 2024

«È una norma simbolo... Per creare una suggestione: i magistrati hanno bisogno di un controllo psichico o psichiatrico». È un affondo deciso quello di Giuseppe Santalucia, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati. «Non c'è un'esigenza reale, ma solo simbolica, per dire che i magistrati non sono equilibrati. I controlli già ci sono...». Una pausa. Un nuovo affondo. «È un messaggio simbolico per gettare ombra sulla magistratura».

È uno scontro duro. La decisione è presa. Il Consiglio dei ministri ha detto sì ai test psico-attitudinali per i futuri magistrati: dal 2026 faranno parte del concorso per entrare in magistratura. Ma ora le toghe si ribellano. Uno sciopero per protestare contro la norma? Santalucia non lo esclude: «Ne parleremo, vedremo. Siamo tutti uniti, è una norma irrazionale. Entrerà in vigore nel 2026, ci sarà lo spazio per convincere della sua totale inutilità». Silvio Berlusconi più volte aveva immaginato e suggerito una norma così. Ora è il governo Meloni a battere il colpo.

E la reazione delle toghe è decisa. «I test psicoattitudinali? Se li vogliamo fare, dovrebbero essere fatti per tutti i settori apicali della pubblica amministrazione, per chi ha responsabilità di governo e per chi si occupa della gestione della cosa pubblica», sbotta il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri che ai test psico-attitudinali affiancherebbe anche il narco-test e l'alcol-test, perchè «chi è sotto effetto di droga non solo può fare ragionamenti alterati ma è anche ricattabile». Poi ancora Santalucia: «Ci sono tantissime categorie che non fanno il test. Non siamo l'unica magistratura del Paese, ma siamo l'unica magistratura che ha tutta questa attenzione da parte del governo, le altre non ce l'hanno».

L'Anm parla di «superficialità di approccio che preoccupa». Ma il governo non arretra e anzi Matteo Salvini rilancia: «Tutti i lavoratori se sbagliano pagano. Un magistrato qualora sbagliasse con dolo deve pagare le conseguenze, visto che amministra la cosa più preziosa per ogni cittadino che è la libertà di una persona». Intanto il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto da una parte spiega di non essere convinto che i test «siano decisivi». Dall'altra sottolinea la «volontà del Parlamento che, nelle due commissioni di Camera e Senato, ha indicato una sola direzione. Questo non poteva essere ignorato». I dubbi si accavallano. «I test per i magistrati non mi hanno mai convinto e francamente mi pare anche una questione marginale. Non abbiamo capito neppure di che tipo di test si tratti», commenta l'ex presidente dell'Unione Camere Penali, Gian Domenico Caiazza.