Attacco alla solidarietà. La Croce Rossa: «Terzo settore, sfida identitaria»
«Tutelare e sostenere il volontariato vuol dire preservare e rafforzare l’identità nazionale. Perché l’Italia e l’Europa si fondano anche sulla solidarietà ». Francesco Rocca è il presidente della Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Ed anche nella veste di presidente della Croce rossa italiana risponde alle domande di Avvenire e interviene nel dibattito sull’offensiva in atto contro il mondo della solidarietà nel nostro Paese.
In che senso la promozione della solidarietà è una battaglia identitaria?
Prendiamo proprio la Croce rossa. L’organizzazione nacque nel 1859 con la Battaglia di Solferino e lì, insieme al fondatore Henry Dunant, c’erano le tante donne di Castiglione delle Stiviere che curavano indistintamente militari di qualsiasi divisa, fossero piemontesi, francesi, austriaci. Dicevano: 'Siamo tutti fratelli'. Eppure erano anche mamme, mogli, sorelle, figlie, fidanzate di militari italiani che combattevano per la patria, ma questo non ha impedito a quelle eroine di assistere chiunque. Anche questo è stato il battesimo della Croce Rossa e dell’Italia in uno scenario europeo.
In quali circostanze lei vede minacciata questa tipicità che è parte del carattere nazionale?
Percepiamo un sentimento di crescente timore per il diverso, per lo straniero, di sospetto per chi si adopera in favore degli altri, e ciò costituisce una seria minaccia alla nostra identità di italiani e di europei. Perché questi sono principi iscritti nel nostro Dna. La Croce rossa in Italia e nel mondo si alimenta grazie alla generosità operosa di persone di differente estrazione culturale, politica, sociale e religiosa. Eppure tutti accomunati dal voler soccorrere e assistere gli esseri umani senza distinzione alcuna. Un’espressione 'dal basso' che viene talvolta messa in discussione.
Un esempio?
Pensiamo alla proposta, poi ritirata, di una norma che obbligasse a professionalizzare la figura del soccorritore, con il rischio che migliaia di nostri volontari non potessero più neanche guidare le ambulanze. Sebbene cestinato, il solo immaginare un simile progetto spiega chiaramente che manca l’elemento connettivo tra la politica e la realtà del territorio. E non è il solo sintomo. Riscontriamo un aumento dei casi di aggressione, minacce e violenze ai danni dei nostri operatori. Tutto questo un tempo era semplicemente inimmaginabile.
Qual è il peso Terzo settore in Italia? Rappresenta un modello per l’Europa?
Il Terzo settore non è una costruzione politica, ma una espressione della nostra identità che è cresciuta grazie a iniziative venute dalle comunità. E lo dico anche per la mia storia personale. Ho cominciato a fare volontariato nelle case famiglia. Ma oggi sento parlare di 'business delle case famiglia', quando invece bisognerebbe essere grati a chi svolge un ruolo essenziale. La gran parte ospita minori e adolescenti, che hanno difficoltà ad essere adottati, ed è quanto di più lontano possa esservi da un sistema di business.
Può escludere che ci siano delle mele marce?
Sicuramente ci sono mele marce e situazioni anomale, come ci sono in ogni campo, ma questa non è una buona ragione per generalizzare e mettere in discussione un intero sistema. La cultura della solidarietà va protetta, anche dalle mele marce, puntando sul sostegno alle iniziative di solidarietà, che poi sono la spina dorsale del nostro essere Paese e che costituiscono semmai la risposta più concreta alla necessità di inclusione.