LAVORI IN CORSO. Territorio e scuole più sicure: dove l'intervento è un'urgenza
La grande opera della prevenzione. Per la sicurezza delle scuole e per il dissesto idrogeologico. Lo si chiede da decenni e forse si comincia davvero, recuperando fondi che il passato governo (ministro Tremonti) aveva azzerato o congelato. Ma anche riannodando un’importante collaborazione con le Regioni. E, soprattutto, facendo in fretta. C’è da recuperare molto tempo perso per correre dietro alle emergenze. E, infatti, per entrambi i settori si parte proprio da due eventi drammatici. Il primo è l’alluvione dell’ottobre 2009 nel Messinese che provocò più di 30 morti. Partì un piano di prevenzione che finalmente stanziava una bella cifra e responsabilizzava le regioni. Il governo stanziava 1 miliardo attraverso il Fas che con l’aggiunta di fondi regionali arrivava alla ragguardevole cifra di 2,5 miliardi. Ogni regione doveva siglare un accordo di programma col ministero dell’Ambiente. Ma i soldi, via via, scompaiono. La "cura" Tremonti porta il miliardo prima a 800 milioni, poi a 500, infine nulla, grazie ai tagli definitivi della Legge di stabilità. E così si bloccano accordi e fondi regionali. Fino al 20 gennaio di quest’anno quando il Cipe rifinanzia il piano con 679,7 milioni (352 messi a disposizione dalle regioni). Non è il miliardo di tre anni fa ma almeno si ricomincia. Ad essere finanziati sono, infatti, ben 518 interventi identificati tra il 2010 e il 2011 «attraverso – come spiega il Cipe – un processo di leale collaborazione tra le 7 regioni interessate» e i ministeri. Si tratta, ed è anche questo un segnale forte, delle sette regioni del Sud. «Una logica di sussidiarietà con le regioni», spiegano al ministero dell’Ambiente, per far sì che «prima delle tragedie si individuino liste di interventi prioritari, ciascuno assumendo le proprie responsabilità».
Non diversa è la vicenda, tra alti e bassi, per la messa in sicurezza delle scuole. Fin dall’inizio. Tutto comincia, infatti, col terremoto del Molise del 31 ottobre 2002, il crollo della scuola di San Giuliano di Puglia e la morte di 27 bambini e della loro maestra. Così, su input dell’allora Capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, il governo propone un piano straordinario per la messa in sicurezza delle scuole italiane. Lo prevedeva la Finanziaria 2003. Doveva essere predisposto entro 90 giorni ma il tempo passa e partono solo dei piani stralcio. Per mettere in sicurezza le scuole italiane in zone ad alto e medio rischio, servirebbero 40 miliardi di euro, i primi due stralci stanziano però solo 197 e 298 milioni, per 1.700 e 1.800 interventi. Poi la copertura scompare fino al decreto Gelmini del 2008 che permette di "trovare" altri 115 milioni. Si può così avviare il terzo stralcio, che viene però ritirato. Tocca alle commissioni Bilancio e Cultura della Camera resuscitare il provvedimento, attraverso una risoluzione che riguarda, però, solo il Centro-Nord. Da allora è tutto fermo al ministero delle Infrastrutture malgrado vari solleciti delle commissioni. Intanto nel marzo 2009, dopo una nuova tragedia, il crollo alla scuola Darwin di Torino con la morte di un ragazzo, grazie ai fondi Fas viene stanziato 1 miliardo. Ma 226 milioni se ne vanno via subito per le scuole abruzzesi colpite dal terremoto. E anche questa volta si parte con stralci. Un primo stralcio per 358 milioni viene approvato per tutta l’Italia. E se ne predispone un secondo di 400 solo per le regioni del Sud. Ma per il primo al ministero delle Infrastrutture arrivano in tutto solo 170 milioni. Il resto non c’è più. Effetto tagli della Finanziaria che prevede finanziamenti solo «necessari» e «indifferibili». Intanto il secondo stralcio viene bloccato al Cipe. Tocca ai nuovi ministri Profumo (Istruzione) e Barca (Coesione territoriale) rimetterci le mani. Un po’ di soldi si trovano: 556 milioni (456 ex Fas) approvati dal Cipe il 20 gennaio. Vengono ricontattate le regioni chiedendo di rivedere i progetti per far bastare i fondi. Lo fanno ma ora serve una nuova delibera del Cipe. Su tutto, però, incombe il Patto di stabilità. Perché, incredibilmente, la sicurezza delle scuole non è esclusa. Così non sono rari i casi di Comuni che devono rinunciare ai lavori per non sforare i parametri di spesa.