CAMPANIA VIOLATA. Nella Terra dei fuochi brucia anche la salute
I numeri continuano a sconfortare drammaticamente. Anche quelli venuti fuori ieri mattina durante il Meeting di medici e pediatri di famiglia nei Comuni della Terra dei veleni, organizzato dal tavolo medico-scientifico del Coordinamento comitati fuochi (di cui fa parte anche l’Isde, i medici per l’ambiente) a Frattamaggiore. Prendiamo la Asl Napoli2 Nord, cioè oltre un milione di abitanti distribuiti in ventisette Comuni, e vediamo qualche esempio: dal 2009 al 2012 le esenzioni dal ticket per tumori maligni sono passate ad Acerra da 427 a 774 (più 81,2%), a Giugliano da 1.236 a 2.025 (più 63,8%) a Marano e Quarto da 1.457 a 2.065 (più 41,7%) e via via tutti gli altri fino ad Afragola, dove quelle esenzioni (che tecnicamente vanno sotto il nome di "Codice 048") sono passate da 698 a 793 (più 13%).
Capitolo tumori infantili. Qui le cifre – ufficiali e ministeriali – le ha riportate Gaetano Rivezzi, presidente Isde Campania, e riguardano le patologie oncologiche in bimbi e ragazzi da zero a diciannove anni. In provincia di Napoli i bambini con tumore dal 2005 a oggi sono stati 3.720 e cioè il 3,15% di tutti i malati di tumore nella provincia stessa. Nel triennio 2009/2011 i dati sono ancora più affinati perché stretti solamente sui nuovi casi: 1.519, pari al 3,04%. Nella provincia di Caserta va anche peggio: dal 2005 a oggi i bambini con tumore sono stati 1.082 pari al 3,5% di tutti i tumori. E nel triennio 2009/2011 sui sono avuti 342 nuovi casi, cioè il 3,2%. Mentre a guardare le province di Avellino o Benevento si scopre che lì entrambe le percentuali non raggiungono il 3, quota che viene solo sfiorata in media nel nostro Paese. Su scala nazionale, al 2008 nelle aree del Paese coperte dal Registro tumori si registravano tassi d’incidenza pari a 175,4 casi per milione all’anno fra zero e quattordici anni e 270,3 fra quindici e diciannove.
Ancora. Nella Asl Napoli 3, cioè poco meno di 400mila abitanti distribuiti in dodici comuni, è stato condotto dalla "Cooperativa Golgi" (novanta medici che operano sul territorio) uno «studio osservazionale sulla prevalenza delle neoplasie maligne, utilizzando i dati estratti dalle cartelle cliniche informatizzate». Studio (presentato agli altri medici durante il <+corsivo>Meeting<+tondo>) che ha riguardato i 76.680 assistiti dai medici della Cooperativa con oltre 15 anni, corrispondenti a un quarto della popolazione residente nel territorio della Asl stessa. «Al 31 maggio 2007 il numero di casi di neoplasia maligna erano 2.251», pari «al 2,9% della popolazione in studio». Non sarebbe neanche male, visto che la media nazionale è intorno al 4%. Se non fosse che fra gli uomini il primato di nuovi casi si registra proprio in Campania, dove sono aumentati dai 375 su 100mila abitanti nel 2000 ai 398 nel 2010.
Tornando allo studio, evidenzia come fosse il tumore al seno il più diffuso, con 400 casi corrispondenti al 17,8% delle neoplasie maligne della popolazione studiata e «al 33,3% delle sole donne dello stesso campione con neoplasia maligna». Sarebbe a dire che oltre una donna su tre colpite da tumore, lo aveva al seno. Sebbene lo studio su questo sottolinei «l’evidenza dell’elevata prevalenza di casi insorti nel quarto decennio di vita, età non coperta dallo screening mammografico gratuito per il carcinoma del seno».Ultima annotazione, le sorprendenti parole sempre di Rivezzi, ma stavolta sull’agricoltura: «Siamo disposti, come medici di famiglia e pediatri, a mangiare in piazza i prodotti della Terra dei fuochi», perché «il rischio tossicologico correlato alla presenza di metalli pesanti rilevabile nella frutta, nella verdura e nelle mozzarelle, è più basso rispetto ad altri prodotti che arrivano, ad esempio, dall’Est Europa». Perché allora il servizio di Ostetricia e ginecologia della Asl Napoli Nord "suggerisce", fin dalla loro prima visita, delle donne in gravidanza di non mangiare più mozzarella, frutta e verdure locali?