Attualità

L'intervista. Carfagna: «Terra dei fuochi, ora un contratto per rigenerarla»

Eugenio Fatigante venerdì 6 agosto 2021

Nel giorno dell’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa agostana Mara Carfagna, ministra per il Sud, si dedica anche a un altro dossier a cui tiene in modo particolare (anche per le sue origini campane): la Terra dei fuochi, quel territorio fra Napoli e la provincia di Caserta tristemente segnato dall’interramento ripetuto di rifiuti tossici e speciali. In videoconferenza ha radunato circa 40 sindaci di quelle terre assieme ad altre personalità (fra le quali don Maurizio Patriciello, anche collaboratore di Avvenire): una sorta di pre-tavolo in vista del Cis, il Contratto istituzionale di sviluppo che intende attivare per questo territorio. Zone che lei stessa ha visitato il 9 luglio scorso.

Lei è l’ennesimo ministro che si occupa della Terra dei fuochi. Dai reportage di Avvenire la situazione non risulta cambiata in 10 anni, anzi forse è peggiorata. Cosa e perché dovrebbe cambiare ora?

Il vostro giornale merita un pubblico ringraziamento per la tenacia con cui ha combattuto questa battaglia. Oggi, rispetto al passato, sono cambiate due cose. Ci sono le risorse, e non solo quelle del Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza alimentato dai fondi Ue, ndr): siamo all’inizio di un ciclo di programmazione dei Fondi di Sviluppo e Coesione che impegnerà circa 70 miliardi in 7 anni. E poi c’è la determinazione di questo governo ad agire bene e in fretta sulle emergenze "storiche" del Paese. Ne ho avuto prova appena insediata, con l’intervento per bonificare le baraccopoli di Messina: lo si aspettava addirittura da un secolo, ora è avviato.

Quali precise istanze ha raccolto dai sindaci?
C’è un’espressione che si ripete in ogni contatto, in ogni appello: «Dare a questa terra speranza e futuro». Il ministro del Sud non ha competenze dirette sulle bonifiche né sulla lotta alle ecomafie, ma sullo sviluppo sì: è su questo che ho deciso di agire con determinazione, valorizzando le attese dei cittadini e i progetti dei Comuni.

Cosa garantirà di concreto il Cis?
Il Cis è un contratto che lo Stato "firma" con i territori per accelerare interventi che considera strategici, di rilievo nazionale. Il Cis Terra dei Fuochi sarà stipulato entro l’anno con oltre 40 Comuni. Già oggi i sindaci riceveranno i format per elaborare e inviarci i loro progetti su tre grandi aree d’azione: ambiente, rigenerazione sociale e urbana, cultura. Un momento di scambio che ci consentirà di attivare idee importanti.

Ci sono soluzioni a portata di mano e con costi contenuti. Le telecamere di sorveglianza, a esempio: perché non vengono messe?
Ci sono protocolli in proposito, e alcuni Comuni si sono da tempo attivati. La videosorveglianza è senz’altro un metodo di controllo importante, da incrementare, e confido nella sensibilità dei sindaci.

Il controllo del territorio continua però a essere inesistente: spesso si sa dove si sversano i rifiuti, dove si accendono i roghi. Ma lo Stato in quelle terre continua a non esserci, al di là delle dichiarazioni di facciata. Perché?
Non dimentichiamo che fino a tempi recentissimi la percezione nazionale e locale di questo dramma era assai limitata. Dobbiamo ad alcuni singoli eroi civili, penso a Roberto Mancini e Michele Liguori, ma anche a sacerdoti che continuano a battersi ogni giorno come don Maurizio Patriciello, se il vaso di Pandora è stato scoperchiato. Ora nessuno può far finta di non vedere e non sapere. Ora bisogna agire. Il Cis Terra dei Fuochi nasce anche per questo.

Con il Pnrr lei ha ottenuto che il 40% dei fondi sia destinato al Sud. Come vigilerà il suo ministero affinché sia davvero così e le somme siano spese per progetti apportatori di una crescita diffusa?
Una parte dei fondi è collegato a specifiche opere sul territorio, quindi facilmente controllabile. Per la parte messa a bando ho chiesto e ottenuto una specifica norma nel decreto sulla governance: vincola almeno il 40% delle assegnazioni al Sud e consente all’Agenzia della Coesione di affiancare, o addirittura sostituire, gli enti locali in ritardo o assenti. Mi sento molto sicura del risultato.

Veniamo al Green pass. Vede nella maggioranza, apparsa non del tutto coesa anche nelle ultime ore su questo capitolo, un limite all’efficacia delle misure anti-Covid, anche di quelle future che dovessero rendersi necessarie?
Personalmente sono ottimista, gli italiani non sono stupidi: ricordano tutti l’orribile autunno 2020, il secondo lockdown e le migliaia di morti dopo un’estate senza precauzioni. Sono convinta che il Green pass stimolerà i più pigri a vaccinarsi. E sventeremo il rischio che quel dramma si ripeta.

L’assegno ai figli è partito a "scartamento ridotto". Ha un’indicazione per aumentare gli stanziamenti dal 2022?
Non è una mia competenza, ma sto lavorando a un provvedimento parallelo: la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni per asili nido e assistenza sociale, due sostegni molto importanti alle famiglie. Anche qui c’è un divario intollerabile tra italiani del Nord e del Sud: con la prossima legge di Bilancio dobbiamo cominciare a ridurlo.

L’operazione Mps/Unicredit avrebbe, tra gli altri effetti, quello di portare nell’orbita del Nord uno storico istituto del Centro Italia. La "Banca dei territori" tratteggiata da Salvini è solo un progetto non fattibile o avrebbe una sua utilità anche per il Meridione?
La localizzazione geografica di una banca può aiutare, ma non comporta automaticamente benefici al territorio, anzi: proprio l’esperienza fallimentare di Mps dimostra che a volte le incrostazioni tra banca e politica locale indeboliscono le strategie di investimento. Noi dobbiamo sostenere la capacità delle imprese sane del territorio di attrarre capitali e risparmio. Per questo, oltre a una interlocuzione costante con il sistema bancario, stiamo ragionando con Cassa depositi e prestiti su uno strumento ad hoc per far affluire risparmio verso le Pmi del Sud, i basket bond.

Dopo il pranzo della “pace” fra Berlusconi e Meloni vede migliorato lo stato di salute del centrodestra?
I commensali dicono di sì, non ho motivo di dubitarne.

Il governo Draghi procede verso il mezzo anno di attività. Non teme che la presenza dell’ex presidente Bce finisca in fondo col deresponsabilizzare un po’ troppo i partiti?
Al contrario. La rapidità, l’efficacia e la considerazione europea di cui gode il governo sono una vittoria di tutti: abbiamo scelto di sostenere Draghi, abbiamo scelto bene, possiamo fare di questo esecutivo la base di un recupero di credibilità della politica e dei partiti.

Se Draghi dovesse essere eletto capo dello Stato, ritiene possibile una prosecuzione di questa esperienza di governo?
Mi dispiace, non posso e non voglio partecipare al toto-Quirinale, ogni parola su questo argomento sarebbe una parola di troppo…