Arrivano finalmente i primi dati sui siti inquinati della “terra dei fuochi”. Pochi, solo per 57 Comuni su 88 e per appena 42,95 ettari; non rassicuranti perché più di un terzo risulta totalmente compromesso; ma dati certi, frutto dell’ottimo lavoro degli uomini del Corpo forestale dello Stato, raccolto poi in un decreto interministeriale. Ora il lavoro deve essere completato ma corre il rischio di bloccarsi. Infatti per il monitoraggio di queste aree, previsto dal decreto “terra dei fuochi” del dicembre 2013, erano stanziati circa 4 milioni di euro per il 2014, fondi che non sono stati confermati per quest’anno. Una distrazione? Ci spera il generale Sergio Costa, comandante regionale della Campania del Cfs. «Noi comunque non ci fermiamo, non abbiamo speso tutto lo stanziamento per il 2014 e poi spremeremo come un limone i fondi ordinari. Ma in questo territorio c’è anche molto altro da fare. Quindi spero che al più presto ci assegnino nuovamente i fondi per il monitoraggio e le analisi. È una questione di scelte prioritarie.... Sono soldi ben spesi». Comunque l’alto ufficiale è soddisfatto perché le analisi hanno escluso che i prodotti agricoli siano alterati, e questo è sicuramente una buona notizia che aiuterà le produzioni agricole campana che stanno soffrendo molto in termini di immagine. Ma, come detto, siamo solo all’inizio. E Costa è riuscito ad ottenere di poter investigare anche nelle aree circostanti quelle più inquinate. «Faremo analisi a cerchi concentrici – spiega – finché non troveremo tutto pulito». Ma torniamo ai dati del decreto che porta la firma dei ministri Martina (Politiche agricole), Galletti (Ambiente) e Lorenzin (Salute). I terreni presi in esame sono solo 42,95 ettari rispetto agli 84,78 che dovevano essere presi in esame. Fuori sono rimasti 13,55 ettari non agricoli, 11,43 dove i rilievi sono sospesi perché sotto sequestro giudiziario, e 16,85 già interessati dagli interventi del commissario per le bonifiche (l’“area vasta” di Giuliano con le discariche più pericolose). Di quelli analizzati, 15,53 sono risultati idonei a produzioni agroalimentari, 11,6 con limitazioni a determinate produzioni agroalimentari, mentre per 15,78 è scattato il divieto definitivo per tali produzioni. Pochi? Intanto a queste aree, dove lo “stop” è definitivo, andrebbero aggiunte anche quelle sotto sequestro e quelle dove stanno per partire le bonifiche che sicuramente non sono meno compromesse. E così si arriva a più di 44 ettari, oltre il 50% delle aree che inizialmente dovevano essere analizzate. E mancano ancora le analisi per altri 31 Comuni dove, comunque, prudentemente, il decreto dei tre ministri «vietata l’immissione sul mercato dei prodotti delle singole colture». Un panorama tutt’altro che rassicurante e che riguarda solo i rifiuti interrati e non i danni provocati dai roghi, come sottolinea don Maurizio Patriciello. Che rivendica, comunque, la pubblicazione del decreto come frutto «della mobilitazione di quanti hanno in questi anni denunciato e fatto sentire la loro voce». Poi, aggiunge, «quindici ettari sono pochi? Sono molti? Non faccio questione di estensione. Anche se fosse stato uno solo ettaro inquinato senza la mobilitazione dei comitati staremmo ancora a mangiare i prodotti coltivati su quell’unico ettaro di terreno contaminato».