Ci chiamano, sul telefono fisso e sul cellulare. Una, due, dieci volte. Li puoi trattare bene (in fondo sono lavoratori...), li puoi maltrattare, ma loro non demordono. Chiamano, forse in obbedienza alla Legge di Murphy («Se qualcosa può andar male, lo farà»), nei momenti meno graditi, come testimonia il nostro lettore Roberto Pagotto (vedi lettera qui sotto,
ndr) e i lettori che lo hanno appena letto hanno sicuramente annuito. E così facendo instillano microscopiche dosi di veleno nella nostra giornata. Si chiama
teleselling o
telemarketing e negli ultimi anni ha assunto dimensioni insopportabili. E pensare che, all’inizio e almeno teoricamente, poteva essere una buona opportunità per tutti noi. Era un modo comodo, stando a casa propria, di valutare offerte commerciali e poter risparmiare ottenendo servizi migliori. Teoria, appunto. Oggi è un’ondata molesta, una sorta di fastidioso rumore di fondo di fronte al quale ci sentiamo impotenti. Ma impotenti del tutto non siamo. E presto potremmo avere importanti strumenti per tutelarci. Il disegno di legge per il mercato e la concorrenza, in discussione in Senato, prevede l’estensione del Registro delle opposizioni, finora rivelatosi inefficace. E l’Unione nazionale consumatori (Unc), con il sostegno di Cittadinanzattiva, Mdc e Udicon, ha lanciato una sottoscrizione per dire basta al teleselling selvaggio (#nondisturbarmi) che in pochi giorni ha superato le diecimila firme (per aderire: www.consumatori.it/stopchiamate- indesiderate/). Ma come funziona il
teleselling? Non tutte le aziende vi ricorrono. Anzi – fa notare Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unc – la quasi totalità del teleselling è appannaggio di tre categorie. La prima è la telefonia, internet e in generale la comunicazione: ci chiedono di cambiare gestore o di aggiungere servizi a quelli di cui già usufruiamo. La seconda è il settore energetico: i fornitori di energia (elettricità e gas) invitano a cambiare o, ancora, modificare e aggiungere nuovi servizi. La terza sono le televisioni a pagamento, Sky e Mediaset, sempre con le medesime proposte: nuovi contratti o un allargamento del pacchetto di canali. Ci sarebbe una quarta categoria, per così dire, spuria. È quella delle indagini demoscopiche. In genere non intendono venderci nulla, desiderano soltanto il nostro parere. Raramente, ma accade, l’indagine maschera la vendita di un prodotto: hai fornito il tuo parere e sul più bello, mentre sei rilassato, arriva la sollecitazione ad ac- quistare qualcosa. Un’ultimissima categoria è quella poi delle società di recupero credito. Ma chi veramente ci chiama? A telefonarci non è quasi mai l’azienda, ma un call center da lei incaricato, che si trova all’estero, ad esempio in Albania o in Slovenia. «Assai spesso – spiega Dona – non hanno il garbo e la pazienza che avrebbe l’azienda, preoccupata anche di tutelare la propria immagine. I call center sono pagati a risultati, in base al numero di contratti che portano a casa. E quindi hanno meno scrupoli. Senza contare che non parlano l’italiano alla perfezione e la comprensione può risultare difficoltosa». Abbiamo visto chi, perché e come ci martella di telefonate. La domanda adesso è: possiamo difenderci? «Le tutele – ammette Dona – sono insufficienti. L’operatore dovrebbe dichiarare immediatamente chi è, per conto di chi e perché ci chiama. Non sempre lo fa. Per difenderci dovremmo poter registrare la conversazione ». Per quale motivo? «Corriamo rischi continui. Il primo è che un “sì” detto al telefono possa far attivare, da solo, un contratto. I fogli scritti arriveranno a casa in un secondo momento, a giochi ormai fatti». Come difenderci? «Essere di poche parole e non prolungare oltre la conversazione. E soprattutto avvertire bene tutti coloro che abitano a casa nostra, a partire dai minori per finire alla badante che potrebbe non comprendere l’italiano alla perfezione. Il rischio è che inizi un rimpallo infinito di responsabilità. Abbiamo seguito casi di due contratti attivati contemporaneamente con due gestori di energia, o pacchetti costosissimi della pay tv». L’arma definitiva di difesa in realtà ci sarebbe, ma al momento non funziona perché spuntata. È il Registro delle opposizioni: ti iscrivi e non possono più chiamarti... Anche qui, in teoria. In realtà il Registro funziona soltanto con i numeri pubblici (per capirci, quelli presenti sull’elenco telefonico) e per i contratti futuri. I conti son presto fatti. In Italia su 115 milioni di linee telefoniche, tra fisse e mobili, solo 13 milioni (11,3%) sono negli elenchi e, di queste, appena poco più di 1 milione e mezzo (1,3% circa) sono iscritte al Registro. Il disegno di legge in discussione, e la sottoscrizione dell’Unc, mira ad estendere il potere del Registro, permettendo l’iscrizione a tutte le linee, anche quelle private, e rendendolo valido anche per le autorizzazioni date in passato. Già, ma come fanno ad avere i nostri numeri, se sono privati? «Li hanno un po’ per nostra superficialità – spiega Dona – un po’ con l’inganno. Pensiamo a quante volte forniamo il numero di cellulare, o fisso, senza leggere bene tutte le clausole, dagli acquisti online alle carte fedeltà nei negozi. Anche i social network ci chiedono il cellulare e in quelle comunità mondiali i numeri si comprano e si vendono con disinvoltura». In attesa di strumenti legislativi e di un Registro delle opposizioni più efficaci, cominciamo noi ad agire con prudenza, tanta, tantissima prudenza.