Val Susa. «Tav, progetto non sostenibile»
Don Silvio Bertolo e l’ingegner Tartaglia del Politecnico di Torino animano da decenni la riflessione delle comunità cristiane sull’utilità del collegamento ferroviario: bisogna saper leggere i segni dei tempi
Da anni si oppongono pacificamente alla realizzazione dell’alta velocità in Val di Susa. Sono donne e uomini impegnati nelle parrocchie riuniti nel Gruppo Cattolici per la Vita della Valle. Alcuni si riconoscono in Pax Christi, tutti rappresentano le posizioni no Tav espresse nel tempo anche da diversi comuni e hanno aperto un dialogo con i vescovi piemontesi. Quattro anni fa hanno scritto al Papa, la cui enciclica 'Laudato Sì' ritengono un riferimento per dire no all’opera in nome della cura del Creato.
Alla vigilia dell’analisi costi benefici della apposita commissione di esperti che, nonostante le indiscrezioni, è attesa ufficialmente entro il 31 dicembre, hanno chiesto ad Avvenire di ribadire le loro tesi in un incontro, avvenuto nella parrocchia della Natività di Maria ad Almese con il parroco don Silvio Bertolo, cui ha partecipato l’ingegner Angelo Tartaglia, docente di Fisica al Politecnico di Torino e membro della Commissione tecnica che supporta l’Unione montana Valsusa e il Comune di Torino per il progetto. Partiamo dalle ragioni generali della contrarietà.
«Chi sostiene quest’opera – rispondono – non lo fa dal punto di vista dei trasporti e dell’economia. La motivazione è ideologica, quasi un assunto 'ottocentesco' secondo cui il progresso è costituito dalle grandi manipolazioni del mondo. E le dichiarazioni trasversali dei politici esprimono indignazione verso chi è contro il progresso. Nel merito si dice ben poco. Si dava per scontato, inizialmente, che ci fosse tantissimo traffico pronto a passare su questa linea.
Questi traffici non c’erano in passato, non ci sono oggi e il quaderno 10 dell’Osservatorio ha preso atto che erano previsioni inattendibili e basate su ipotesi palesemente assurde e su parametri manipolati. Il problema non è spostare la linea di qua o di là, ma rivedere il progetto. Questa grande opera è stata infatti calata dall’alto, imposta all’opinione pubblica con la disinformazione. Per esempio, ribadiscono che nel 2018 l’Osservatorio Tecnico ha pubblicato un documento in cui afferma che 'molte previsioni fatte 10 anni fa anche appoggiandosi a previsioni ufficiali del- l’Ue, sono state smentite dai fatti». Prendiamo il traffico merci. Quello su rotaia in 20 anni sostengono sia calato del 72% tra Italia e Francia, quello con la Svizzera aumentato del 54%. Secondo i dati diffusi lo scorso novembre dall’Osservatorio sulla Tav, al confine tra Italia e Francia sono transitati 44,1 milioni di tonnellate di merci. Nello stesso periodo sono passate circa 38,8 milioni di tonnellate di merci tra Italia e Svizzera e 79,6 milioni tra Italia e Austria attraverso il Brennero. Insomma, in questo momento è l’Europa centrale il polo di attrazione. I no Tav cattolici avanzano quindi forti dubbi sulla sostenibilità della linea. Senza contare che i francesi hanno posposto al 2038 le decisioni sul proseguimento della tratta di loro competenza e gli italiani hanno lasciato cadere la realizzazione del tunnel dell’Orsiera. Quanto al traffico passeggeri, nel 2030 si arriverebbe alla circolazione di 22 convogli e 162 treni merci.
Ma i no Tav notano che le partenze quotidiane verso la Francia di tre Tgv hanno flussi di persone tali da non rendere necessaria la nuova linea. Riguardo alla questione ambientale, sottolineano l’impatto sulla valle con 5 fattori possibili di inquinamento: quello atmosferico e la produzione delle polveri sottili nei cantieri, la presenza di amianto, uranio e radon nelle aree interessate dalla realizzazione del tunnel di base del Moncenisio, l’impatto acustico del rumore prodotto dai macchinari in fase di costruzione e dai nuovi treni nel passaggio vicino ai centri abitati, la perdita e la compromissione delle risorse idriche, con il danneggiamento delle sorgenti montane e l’inquinamento delle falde acquifere, lo stoccaggio dei minerali pericolosi estratti con gli scavi delle gallerie geognostiche e di servizio. Senza contare che il tunnel di base avrà temperature elevate e andrà raffreddato costantemente. Insomma sarà un’opera energivora con ulteriori costi a carico dello Stato.
Quanto ai costi della realizzazione, il Cipe nell’agosto scorso li ha attualizzati a 9,6 miliardi, dei quali il 57,9% a carico dell’Italia e il 42,1% della Francia. A fine 2017 ne erano stati spesi circa 1,84. Infine le penali, che qualcuno stima in due miliardi. Nulla andrebbe pagato all’Europa (si restituirebbero i fondi vincolati) né alla Francia nel caso in cui l’Italia decida di non fare più la Tav. Non sono stati infatti nemmeno indetti gli appalti per far iniziare i lavori. Chiedono infine di «leggere i segni dei tempi ».
«La Val di Susa si distingue per mettere a confronto due opzioni esistenziali: il culto economico della 'crescita infinita', di cui le 'Grandi Opere' sono paradigma; e un approccio filosofico in cui l’uomo vuole uscire dalla condanna di una visione esclusivamente economicistica della vita».