C’è attesa a Taranto, ma anche voglia di risposte e di speranze. Sul fronte occupazionale ed ambientale. E oggi è il giorno del governo, che scende nella città jonica per parlare di Ilva, il gigante dell’acciaio da 20mila posti di lavoro, che rilascia nell’aria fumi e polveri inquinanti.Corrado Passera e Corrado Clini, ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, sono stati inviati da Mario Monti per discutere con il territorio ed offrire le soluzioni dell’esecutivo. Soluzioni che il premier in persona starebbe vagliando, dosando con cautela il “bastone” della minaccia di un ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione contro la decisione del gip di fermare l’impianto e la “carota” della possibilità che il governo si costituisca parte civile nel processo per disastro ambientale che vede imputati i vertici dell’Ilva. Una possibilità che, spiegano autorevoli fonti di governo, il premier non esclude, convinto che «chi abbia inquinato, deve pagare».D’altronde, ha spiegato Passera, «il maggiore impegno di questi giorni è quello di evitare la chiusura senza ritorno dell’Ilva di Taranto». E tra gli atti principali, ha aggiunto Clini, c’è «la nuova autorizzazione integrata ambientale, la cui procedura di revisione sarà chiusa – ha aggiunto un ministro più che mai ottimista – entro il prossimo 30 settembre», assumendo come riferimento «l’impiego delle migliori tecnologie indicate dalla Commissione Ue e le prescrizioni del gip di Taranto per la sicurezza degli impianti».Al vertice in prefettura di questa mattina sono annunciati anche parlamentari pugliesi. Non ci sarà invece il ministro della Giustizia, Paola Severino; neppure è previsto – almeno ufficialmente – l’incontro con il procuratore Franco Sebastio, che ha dato il via all’inchiesta che ha portato al sequestro del siderurgico e all’arresto dei dirigenti disposti dal gip, Patrizia Todisco. Nel pomeriggio ci sarà invece un incontro con l’arcivescovo Filippo Santoro.Clini e Passera troveranno una città divisa, oltre che blindatissima: il questore Enzo Mangini ha vietato ogni manifestazione sotto al palazzo del Governo e nelle relative adiacenze, allestendo una vera e propria zona rossa, in cui per l’intera giornata sarà vietato il transito e la sosta dei veicoli. «I cittadini non sono liberi di manifestare il loro dissenso», accusano i mille più cittadini e operai dell’Ilva aderenti al Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti, sceso in piazza nei giorni scorsi per sostenere la decisione della magistratura.Intanto ieri l’altro fronte della protesta – quella contro la chiusura dello stabilimento – ha invaso nuovamente con 1.200 lavoratori le arterie stradali dell’Appia e della Statale 106, manifestando le proprie preoccupazioni per le possibili ricadute in termini occupazionali in tutti i siti produttivi del gruppo Ilva che le vicende giudiziarie potrebbero provocare. E oggi si replicherà con altre due ore di sciopero, con assemblea dei lavoratori sempre sull’Appia. In piazza, come nei giorni scorsi, Fim Cisl e Uilm ma non la Fiom, che sulla carta non appoggia le iniziative di protesta contro la magistratura ma i cui iscritti – dicono i metalmeccanici Cisl – «hanno aderito alla protesta». Sono loro, gli operai scesi in piazza già all’indomani della discussa sentenza, quelli che nutrono più speranze nel governo. Che, dal canto suo, ieri è tornato con forza a ribadire la sua posizione anche per bocca del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri: «La chiusura dell’Ilva è un lusso che non possiamo permetterci – ha detto il titolare del Viminale –. Se l’azienda dovesse chiudere gli impianti avremmo dei problemi drammatici per tutta l’economia del Paese». Il ministro ha poi sottolineato che in questi giorni sulla vicenda di Taranto si sono sfiorati «momenti delicatissimi».Pioggia di critiche sull’atteggiamento dell’esecutivo sono invece arrivate dai Verdi: «I ministri inviati dal presidente del Consiglio Monti non andranno a Taranto per difendere il diritto alla vita ed alla salute (diritto costituzionalmente garantito) ma per sostenere le ragioni della produzione per un’industria fortemente inquinante e per intimidire i magistrati che stanno facendo il proprio dovere», ha detto senza mezzi termini il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli.