Attualità

Alla Camera. Processo Attanasio, l'immunità per gli imputati e le parole di Tajani

Marco Birolini mercoledì 31 luglio 2024

Luca Attanasio con dei giovani congolesi

«Abbiamo pianto in questa aula, ricordando il sacrificio dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo. Però non è chiaro quanto sta succedendo nell’iter processuale. Perché lo Stato non si è costituito parte civile nel processo e soprattutto perché non ha chiesto all’Onu di togliere l’immunità ai due funzionari imputati?».
Durante il question time alla Camera, l’onorevole Maria Chiara Gadda riapre il caso dell’alto diplomatico assassinato in Congo il 22 febbraio 2021, insieme al militare di scorta e all’autista. La deputata di Italia Viva chiede perché la giustizia italiana e il governo hanno piegato la testa di fronte al muro giuridico alzato dalle Nazioni Unite a protezione dei due funzionari del Programma alimentare mondiale, che avrebbero dovuto garantire la sicurezza di Attanasio e che invece nemmeno comunicarono la presenza dell’ambasciatore al contingente Onu di stanza nella regione turbolenta del Nord Chivu, dove si doveva svolgere la missione.

Il gip di Roma a febbraio prese atto dell'immunità opposta dalla difesa e stabilì il non luogo a procedere: il processo non è così nemmeno entrato nel merito delle accuse di omicidio colposo. La procura aveva annunciato ricorso, ma ha rinunciato dopo aver preso atto delle motivazioni della sentenza. Nessun giudice quindi si pronuncerà sull’assenza della scorta, che espose la spedizione organizzata dal Pam all’attacco armato sfociato in triplice omicidio.

“Il governo ha a cuore l’accertamento della verità – replica in Aula il ministro degli Esteri Antonio Tajani - abbiamo facilitato l’attività investigativa della procura nei suoi risvolti internazionali mediante la sensibilizzazione delle autorità di Kinshasa e dell’Onu. Sentiamo forte l’impegno ad assicurare giustizia e a onorare la memoria dei caduti, ma tutto ciò va inquadrato nel rispetto della magistratura e degli obblighi internazionali che vincolano l’Italia”

Tajani va dritto al punto: "Il governo ha valutato che un'eventuale costituzione dello Stato come parte civile avrebbe esposto l’Italia a responsabilità internazionale per violazione delle norme Onu in materia di immunità. Norme che proteggono nostri diplomatici e militari all’estero, compresi – ha sottolineato con riferimento alla più calda attualità - quelli impiegati in Libano. La violazione di questi obblighi avrebbe comportato il rischio di un contenzioso con Onu che avrebbe potuto portare a una condanna davanti alla Corte internazionale di giustizia, con conseguenze su piano pratico e politico”. Secondo il ministro, però, tutti questi aspetti “sono stati valutati senza far venire meno l’appoggio alle famiglie. Abbiamo dedicato ad Attanasio la Scalea all’esterno della Farnesina e a Iacovacci una sala dell’Unità di crisi”. L’onorevole Gadda ascolta e risponde con una domanda destinata a restare sospesa nell’aria: “Se lei fosse padre o fratello le basterebbe questa risposta?”.

A pronunciarsi è direttamente Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore. Dopo aver ascoltato in diretta il question time, esprime tutta la sua delusione: «La considero una risposta inaccettabile. Il ministro ci dice che il governo ha fatto queste scelte per salvaguardare gli italiani sul campo. Ma così è vero il contrario: nessun italiano, compresi i militari impiegati all’estero, si può sentire tutelato, dal momento che lo Stato china la testa di fronte ai poteri forti. È un ragionamento da sudditi, non di uno Stato che deve difendere i suoi cittadini. L’omicidio resta impunito perché lo Stato teme non si sa quali ritorsioni. Senza contare che si parlava di un processo penale in cui la responsabilità è individuale, l’Onu non era nemmeno chiamato in causa». Amara la chiosa finale: «Lo Stato non ha avuto il coraggio né l’autorevolezza di bussare alle Nazioni Unite per chiedere che il processo si potesse svolgere in modo sereno».​​