Dopo Berlusconi. Forza Italia, Tajani presidente e poi il nodo del congresso
Il clima nel primo Consiglio dei ministri del dopo-Berlusconi è di rilancio. Come se il popolo che si è stretto intorno all’ex premier in qualche modo avesse “invitato” il governo in carica ad andare dritti sulla strada tracciata dal vecchio centrodestra, ormai diventato destracentro. E dopo il minuto di silenzio che ha preceduto i lavori a Palazzo Chigi, la premier Giorgia Meloni ha rimarcato la continuità tra il suo esecutivo e quelli del Cavaliere. Non si arriva a definire la riforma della giustizia come un “risarcimento” all’ex premier, ma semmai come la necessità di «riequilibrare» i rapporti tra politica e magistratura alla luce anche, ma non solo, della stagione tesissima del berlusconismo. Una scia che va seguita, spiega la premier ai ministri, anche sugli altri dossier in sospeso. E quindi, il prossimo “step” è portare in Cdm il disegno di legge sull’elezione diretta del premier, una «innovazione sostanziale che nel Paese ha portato Berlusconi», spiegano fonti di Fdi ancora rimarcando il filo rosso che dal ‘94 arriverebbe sino ad oggi. Questione di settimane e anche questo capitolo bollente sarà aperto, nella consapevolezza che in Parlamento sulle riforme istituzionali si sta aprendo un dialogo approfondito con il Terzo polo.
Per Forza Italia, l’avanzamento dei dossier in Cdm è un risultato da rivendicare per mostrare quanto sia ancora utile la spinta del partito dentro la coalizione. Certo, c’è la consapevolezza che molti di questi risultati gli elettori li intesteranno a Giorgia Meloni, ma non c’è altra strada. Per FI, l’unica via percorribile è il sostegno all’esecutivo e dare la sensazione di un’evoluzione interna in corso. Perciò a giorni, convocato il Consiglio nazionale, Antonio Tajani sarà nominato, come previsto, presidente pro tempore di Forza Italia. Un incarico che dovrebbe durare fino alle Europee se i vertici del movimento resisteranno al pressing di chi chiede un Congresso a stretto giro. Oggi una conferenza stampa servirà a illustrare il percorso formale, in parte aderente alle procedure indicate dallo statuto. La scelta di promuovere al vertice il vicepremier, spiegano fonti qualificate di FI, «non è contestabile» in quanto è il più alto in grado nominato da Berlusconi, e in questo momento serve «continuità». Meloni era avvisata della scelta e d’altra parte la premier è uno dei pilastri di un patto stretto, oltre che con lo stesso Tajani, anche con Marina Berlusconi, Marta Fascina e Gianni Letta.
Da statuto di FI, in caso di morte del presidente, il Comitato di presidenza dovrebbe convocare «immediatamente» il Consiglio nazionale per la «sostituzione temporanea» e «per il periodo strettamente necessario per la convocazione del Congresso Nazionale», che ha fra i compiti l’elezione del presidente. Ma quest’ultima parte delle disposizioni statutarie potrebbe essere superata con un accordo politico più ampio che rinvii il Congresso a dopo le Europee, quando gli scenari politici saranno più chiari.
Con la nomina di Tajani si congelerebbero i due scenari alternativi su cui pressano le due distinte anime del partito.
«Unire i partiti FdI e Fi non è all’ordine del giorno - ha chiarito il presidente del Senato Ignazio La Russa, a SkyTg24 - e potrebbe non essere nella realtà italiana un dato positivo, non sono mai andate bene le fusioni, né quella socialista, né quella del Pdl e nemmeno alcune in area di sinistra». Insomma, nessuna Opa ostile da destra. Mentre un patto federativo con Udc e Noi moderati potrebbe consentire a FI di affrontare con maggiore serenità la soglia del 4% delle elezioni europee dell’anno prossimo, allontanando le sirene di Matteo Renzi anch’egli alle prese con lo stesso incubo, la soglia per accedere a Bruxelles.
Ma soprattutto, la nomina pro-tempore ma non troppo di Tajani terrebbe ben agganciati a Forza Italia Marina e i figli di Berlusconi, che ora sono creditori e finanziatori del movimento politico. Senza una garanzia di continuità, la famiglia potrebbe non investire più su FI.