Attualità

L'INTERVISTA. Raffaello Lupi: «Taglio infondato»

Pier Luigi Fornari venerdì 17 agosto 2012

Scoop basati sul niente. Raffaello Lupi, docente di diritto tributario a Roma Tor Vergata, non riesce a spiegarsi con quale fondamento si possa, nel cuore di questo agosto afoso e critico per le prospettive del debito, lanciare la notizia di un prossimo taglio delle tasse. «Certo - osserva l’esperto - non contribuisce ad aumentare la nostra credibilità nel mondo il fatto che quando lo spread supera di netto i 500 punti si parli di patrimoniale straordinaria e quando scende decisamente sotto quel livello si consideri imminente una riduzione delle imposte». Qual è il vero problema?Una determinazione equilibrata e scientifica della ricchezza ai fini tributari, poi viene la scelta politica di quali categorie favorire nelle agevolazioni, come la famiglia e lo sviluppo. Il problema allora è la lotta all’evasione?Se togliamo a questa espressione i toni propagandistici della lotta ai "disonesti" contrapposti al popolo degli "onesti", il problema reale, torno a dire, è quello di determinare con credibilità la ricchezza ai fini fiscali. Come riequilibrare il carico tributario?Andando a cercare con sistematicità la ricchezza che sfugge alla tassazione "ragionieristica" attraverso le aziende, e quindi allargando la base imponibile. Il problema è che ci sono migliaia di operatori indipendenti ai quali, diversamente appunto da quanto avviene per le grandi imprese, nessuno va a chiedere di pagare le tasse. Anzi, se valutassero freddamente le reali probabilità di avere davvero a che fare col fisco, al di là di tanti effetti di annuncio, ne pagherebbero ancora di meno. Come si dovrebbe far emergere allora le aree di imposte non pagate?Temo che la principale lotta all’evasione sia quella fatta in televisione, attraverso i messaggi mediatici. Che in effetti alcuni risultati riescono a conseguire, grazie appunto alla grossa suggestione che sviluppano. Concretamente qual è questo effetto?Induce una parte dei lavoratori indipendenti, il popolo delle partite Iva, a pagare imposte che nessuno gli va a chiedere. Con le norme emanate in Gazzetta ufficiale si può tassare una società strutturata bene; le grandi aziende cioè, che finiscono per essere poi come sostituti di imposta i veri esattori del nostro Paese. Oppure riscuotono le imposte come l’Iva, nella distribuzione e nei servizi. Ben diverso è far pagare in modo corretto il mondo delle piccole attività. Per questo occorrerebbe che qualcuno si presentasse a stimare credibilmente quanto viene pagato di imposta, ma questo non avviene. Certe volte il fisco mi sembra un pastore, che fa la guardia al cane mentre le pecore scappano. Dove sta il punto debole?Non c’è una attività sistematica di richiesta delle imposte sulla ricchezza non tassata attraverso le aziende. I 12 miliardi di fondi recuperati con la lotta all’evasione riguardano contestazioni sul regime di vicende alla luce del sole. Ma da ricchezza non registrata, a occhio e croce, ne arrivano a stento 2. E forse i 120-150 miliardi di evasione, determinati dall’Istat in base al lavoro nero, sono probabilmente inferiori all’insieme della ricchezza non registrata.