Attualità

Terremoto. Ostie trovate intatte nel tabernacolo. «Gesù sotto le macerie» di Arquata

Alessia Guerrieri mercoledì 21 febbraio 2018

Le ostie sono perfettamente integre, nessuna muffa e nessuna alterazione

Quasi subito la mente è volata al miracolo eucaristico di Siena del 1730. Un tabernacolo del ’500 sepolto per mesi sotto le macerie della chiesa di Santa Maria Assunta di Arquata, distrutta dal terremoto del 2016. Il dubbio ormai di aver perduto questa opera tanto cara ai parrocchiani.

Poi il ritrovamento in un magazzino dove, settimane fa, i carabinieri del nucleo Tutela beni culturali lo aveva riposto con cura sottraendolo alle intemperie. E infine l’apertura, con all’interno la pisside che, ben chiusa, manteneva intatte quaranta ostie. Perfettamente conservate. «Si sentiva ancora il profumo, è qualcosa che ci commuove – sono le prime parole del vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole – è un segno di speranza per tutti. Ci dice che anche Gesù è terremotato come tutti, ma è uscito vivo dalle macerie».

Non riesce a trattenere le lacrime neppure don Angelo Ciancotti, sacerdote della cattedrale di Ascoli Piceno, che per primo ha avuto tra le mani quel ritrovamento. Madre di Pescara del Tronto e padre di Arquata del Tronto, dopo il sisma del Centro Italia il parroco si è impegnato per recuperare «quei pezzi della mia storia e della storia di tanti, a cui la gente è affezionata», dice. Qualche settimana fa è riuscito a riportarlo, impolverato e malmesso, nella sagrestia della chiesa principale di Ascoli. «Il problema era aprirlo – racconta – ma la mia passione per le chiavi dei tabernacoli mi ha aiutato».

In un cassetto dove custodisce la sua collezione c’era una chiave singola ed ha iniziato da quella. «Al primo colpo il tabernacolo si è aperto – prosegue emozionato – dentro la pisside era orizzontale, ma chiusa. E al suo interno il corpo di Cristo dopo più di un anno e mezzo intatto, sia nel colore che nella forma e nell’odore. Nessun batterio o muffa come capita a tutte le ostie dopo qualche settimana. E invece quelle, ad un anno e mezzo di distanza, sembravano fatte il giorno prima».

Allora si è sentito come Giovanni Paolo II che davanti al miracolo eucaristico di Siena esclamò: «Ecco la presenza». La stessa frase che adesso don Angelo continua a ripetere a chi insieme a lui ha assistito al «prodigioso e inspiegabile ritrovamento». Per chi ha fede, «e per me è un miracolo – dice – ma soprattutto un messaggio per tutti: è un segno che ci richiama alla centralità dell’Eucarestia». E inoltre, secondo lui, è un inno alla speranza per i giovani: «Gesù ci dice io ci sono, sono in mezzo a voi. Fidatevi di me».