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L'intervista. Suor Franca: «Il disagio dei minori aumenta: serve prevenzione»

Paolo Viana sabato 15 giugno 2024

Suor Franca Rosso

Le fragilità del sistema dei servizi socioassistenziali si stanno sommando a quelle dei minori. Un'emergenza che riguarda un milione di ragazzi e ragazze secondo Uneba che ha promosso in questi giorni il convegno di Napoli su “Il futuro delle giovani generazioni: le sfide nel processo educativo e di cura”. Uneba l’ha organizzato, come ha detto il presidente Franco Massi, «per creare un coordinamento tra gli enti per minori e dar voce ai bisogni di un milione di ragazzi e ragazze che vivono in famiglie disagiate». Ne parliamo con Suor Franca Rosso che viene da Fagnano Olona (Varese) e ha diretto la Casa del Sorriso per 26 anni. «Il convegno di Napoli – ci spiega la religiosa che è anche responsabile della Commissione minori di Uneba – è stato voluto per dare una scossa, inquadrare le emergenze nell’emergenza minori, far emergere che alle fragilità delle famiglie e dei ragazzi si stanno sommando quelle del sistema».

Ci racconti come si gestiscono le fragilità dei ragazzi.

In questi anni, noi abbiamo sempre lavorato con l’équipe della comunità, seguendo uno schema che partiva dall’intercettare i bisogni, assistere i ragazzi e le ragazze attraverso dei percorsi che approdavano alla semiautonomia e poi inserirli nella società, prima attraverso lo studio e soprattutto attraverso il lavoro.

E funzionava?

Non sempre. Se una ragazza al termine del percorso tornava in famiglia poteva ritrovarsi immersa nei vecchi problemi. Per questo sono state sempre molto importanti le Famiglie amiche.

Quindi ha funzionato.

Solo finché le separazioni, l’invecchiamento della popolazione e infine la pandemia non hanno assottigliato la disponibilità di queste famiglie che accompagnavano i minori sottratti a contesti famigliari difficili. Aggiungiamoci pure che le Famiglie amiche costituivano un ponte di collegamento con l'esterno e, in alcuni casi, di continuità dell'accompagnamento nell'inserimento sociale.

Cosa c’entrano le separazioni?

Molti volontari hanno cessato di esserlo perché il figlio o la figlia si separavano e dovevano occuparsi dei propri nipoti, comprensibilmente, prima che di quelli altrui. Poi c’è stato il Covid che ha cambiato tutti ed è cambiato anche il rapporto tra il giudice tutelare e il minore, che è diventato meno personale. Il taglio dei finanziamenti pubblici, infine, ha costretto i servizi sociali a lavorare meno sulla prevenzione e più sull’emergenza.

Come pensate di porre rimedio, oggi, a tutti questi problemi?

Offrendo testimonianze e buone pratiche agli educatori delle strutture associate a Uneba, innanzi tutto. Il convegno di questi giorni era diretto agli addetti ai lavori - educatori, assistenti sociali, servizi, famiglia e scuola – che ne hanno un gran bisogno, perché la formazione e la ricerca sono diventate sempre più difficili, anche a causa della pandemia. Si sono acuiti i problemi dei ragazzi e dei bambini, legati alla salute mentale, al bullismo, al cyber - bullismo, alle dipendenze patologiche, all’abuso di alcol, abusi e maltrattamenti, violenza di genere, fluidità sessuale e povertà educativa. Queste problematiche, oltre ad essere strettamente legate alle fragilità dei minori, sono vissute quotidianamente dagli operatori e dagli enti associati che devono fare i conti anche con la difficoltà di accesso ai servizi esterni. Riprogettare la prevenzione ormai non è più dilazionabile, occorre agire in anticipo, intercettare le prime avvisaglie di disagio psichico degli adolescenti ponendo attenzione anche ai minori disabili.