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LE INCHIESTE DI AVVENIRE. Sulmona, ospedale a rischio. Una scossa sarebbe fatale

Paolo Viana lunedì 12 novembre 2012
Non glielo dite al sindaco che se arriva il terremoto l’ospedale rischia di venire giù. «Ufficialmente, non ho ricevuto la relazione di cui mi parla» risponde Fabio Federico non appena si affronta il tema del Santissima Annunziata. È il sindaco più longevo in questa città dove nessuno porta a termine il proprio mandato; l’assessore che ha seguito il dossier ospedale si è appena dimesso e il direttore dell’Asl ha tentato di farlo. La "relazione" - che poi è una verifica tecnica dei livelli di sicurezza sismica, sepolta dal 2008 nei cassetti della Regione Abruzzo che l’aveva commissionata - non è però l’unico documento a sancire che l’ala vecchia presenta «meccanismi fragili» e indicatori di rischio sismico «nettamente inferiori» ai valori di legge, che servono interventi di adeguamento «consistenti e molto estesi» e che «le rotture avvengono quando la struttura non ha ancora potuto esprimere le proprie caratteristiche di duttilità». Un po’ come la lattina di alluminio che a un certo punto si accartoccia, esemplificano gli ingegneri del comitato M 6.5, Carlo Fontana, Giuseppe Consorte e Carlo Speranza, che hanno denunciato il caso. Siamo a un’ora dall’Aquila, l’ospedale San Salvatore non si è ancora ripreso dal terremoto del 2009 e se un dossier come questo, che attesta «criticità diffuse» in un edificio progettato nel ’49 ed edificato tra il ’58 e il ’71, finisse "ufficialmente" sul tavolo del sindaco non ci sarebbe alternativa allo sgombero. Anche perché Sulmona, colpita marginalmente dal sisma di tre anni fa, sorge su una faglia, quella del Morrone, che divide gli scienziati: c’è chi ritiene che non si sia mai attivata e che si stia ancora "caricando" e chi invece le addebita il terremoto della Maiella del 1706, che seguì di tre anni quello che distrusse l’Aquila. In entrambi i casi le ansie dei sulmonesi - e di tutti i peligni, visto che la faglia arriva a Popoli - sono comprensibili. Come i nervosismi della direzione sanitaria: non ci autorizza a parlarne con i medici della Pediatria, che lavorano nell’ala sott’accusa.«A Sulmona - ammette tuttavia Federico, anche lui medico - molte neomamme iniziano a preferire Avezzano, se continua così rischiamo di perdere il punto nascite». Lo spauracchio, questa volta, non è il terremoto, bensì la Marsica pigliatutto: tra tagli e accorpamenti imposti dal piano di rientro della disastrata sanità abruzzese, sono stati ridimensionati i nosocomi di Tagliacozzo e Pescina, ma Avezzano ha appena inaugurato sale operatorie, blocco parto e pronto soccorso. «Loro hanno Gianni Letta» ripete sornione Edoardo Facchini: il presidente del Tribunale dei diritti del malato non crede alle promesse sull’accordo di programma e sui cinquanta milioni che saranno stanziati per un ospedale tutto nuovo a Sulmona. «La Regione sta risanando il bilancio della sanità - dice - ma a pagarne il prezzo sono gli utenti: i malati di cancro non vedono un rimborso da anni e lo stesso il ticket è aumentato di dieci euro». In realtà, Facchini è un sostenitore dell’idea dell’ospedale "a moduli", con cui il suo grande "nemico", il direttore generale dell’Asl Giancarlo Silveri, vuole uscire dall’empasse. «Si tratterà di una soluzione temporanea di alto profilo - ci spiega il manager - ed è l’unica realistica, date le ristrettezze finanziarie. Con i fondi dell’Asl affitteremo delle strutture modulari prefabbricate, che riscatteremo in seguito con i finanziamenti dell’accordo di programma, su cui abbiamo avuto ampie garanzie dal Regione. Allora la soluzione da temporanea sarà definitiva. In questo modo svuoteremo l’ala vecchia e adegueremo in sicurezza sismica anche quella nuova, senza interrompere il servizio. Il problema sarà superato entro il 2014». Un piano di battaglia di tutto rispetto, se non fosse che Silveri, dopo averlo proposto, ha presentato le dimissioni, subito respinte dal governatore Chiodi. A quattr’occhi il manager ammette che a Sulmona bisogna «intervenire subito». Lui stesso ha scritto in una delibera del settembre 2011 che la Regione conosce da tempo le «importanti criticità» del complesso, il «basso livello di sicurezza sismica degli elementi strutturali e portanti», i «bassi coefficienti di sicurezza» e le «basse caratteristiche meccaniche del calcestruzzo impiegato». Il documento precisa che «non esistono situazioni di pericolo imminente» ma solo «in assenza di sisma». Per Francesco Stoppa, ordinario di vulcanologia all’università di Chieti e membro della commissione Grandi Rischi fino al 2002, «sottovalutare il rischio è da incoscienti». Il docente - che chiede di imporre per legge l’adeguamento sismico dell’edilizia esistente - ci spiega che le verifiche statiche non tengono conto che «durante i terremoti agisce uno sforzo di taglio decisivo nel provocare il collasso delle strutture». Gli effetti di un sisma sulle strutture, argomenta, dipendono dalla magnitudo «ma anche da altri fattori come la composizione del suolo e la densità della popolazione». Insomma, quello della conca di Sulmona e del suo ospedale, conclude, «è un problema piuttosto serio».