Migranti. Sulla nave di Emergency, in partenza per salvare vite
Le esercitazioni degli operatori di Emergency
È tutto pronto. La Life Support, la nave SAR di ricerca e soccorso in mare di Emergency, si appresta a partire per la sua 14esima missione nel Mediterraneo dal porto di Augusta, vicino Siracusa. Le previsioni meteo sono variabili e in attesa che il mare sia del tutto calmo, momento in cui i trafficanti fanno partire le barche stracariche di migranti, le due squadre di soccorso e il team medico ripetono per l’ennesima volta le procedure, così come le riunioni continue dello staff al completo. Tutto deve filare liscio, quando sarà il momento di riportare a bordo i naufraghi da imbarcazioni totalmente inadatte ad affrontare la traversata e destinate a probabili disastri. Anche e soprattutto se le onde si alzeranno o sarà notte.
È la prima volta, da quando un anno fa Emergency l’ha messa in servizio, che la Life Support ospita un giornalista italiano. Qui condividerò la vita degli operatori: sbrigando banalmente i miei turni di pulizia come tutti, ma anche preparandomi per fare quello che mi viene richiesto, se servirà, durante le operazioni di soccorso assieme a operatori di grande professionalità ed esperienza. Soprattutto raccontando come lavorano. Ormai manca poco alla partenza verso le acque internazionali di fronte alla Libia e alla Tunisia. Delle polemiche sulle scelte politiche migratorie a bordo si parla poco. Qui quello che conta è il soccorso, ci sono vite umane in gioco.
Sulla Live Support ci sono i 9 membri di equipaggio per la navigazione, poi uno staff di 20 operatori di Emergency tra addetti alla logistica, al soccorso in mare, alle cure mediche. In origine nave norvegese da rifornimento delle piattaforme in mare, la Life Support è lunga 51 metri ed è certificata per accogliere fino a 175 naufraghi.
Oggi è stata la giornata del “drill”, ovvero delle esercitazioni. È uno dei tanti termini di questo ”inglese nautico” che si parla a bordo, anche perché tra gli operatori ci sono anche francesi, spagnoli, portoghesi. La Life Support cala in mare due Rhib (Rigid hull inflatable boat) cioè gommoni con scafo rigido. Il numero uno può contenere qualche decina di persone e ha due motori, il secondo è più piccolo. La prima operazione simula l’ "abbordo” della barca in ”distress”, in pericolo, ma lo fa con una delicatezza frutto di grande abilità del pilota. Il gommone si approccia con la prua, perpendicolarmente all’imbarcazione, ma non puo rischiare di urtarla sbilanciandola. Si ferma, e riesce a restare a una spanna di distanza. Il capo squadra e il mediatore culturale approcceranno gli occupanti, invitandoli alla calma, cercando di capire quanti sono e se ci sono feriti, donne, bambini. Poi giubbotti salvagente a tutti. E comincerà il trasbordo. Quando il Rhib è pieno, parte verso la Life Support e l’altro gommone che vigilava a breve distanza si avvicina e comincia a simulare un altro trasbordo.
Quando anche l’ultima persona passerà dal gommone alla scaletta della Life Support, un altro mediatore sarà pronto ad accogliere i naufraghi sul ponte a poppa, a ciascuno un braccialetto colorato per identificare ogni persona con una precisa operazione di salvataggio. Poi il triage, e se le condizioni di salute non sono buone i medici mettono un altro braccialetto che ne indica lo stato.
Gli operatori di Emergency pronti alla partenza - L.L.
Tutti devono svuotare le tasche, e lasciare ogni oggetto tagliente o potenzialmente pericoloso, anche tronchesine da unghie. Un metal detector aiuta a perquisizioni non invasive, un operatore per gli uomini, un’operatrice per le donne. Le borse e gli zaini verranno ispezionate in presenza dei proprietari. Di ognuno viene presa età, nazionalità, eventuali legami famigliari con altri naufraghi. Poi scendono le scale che li porta alla “shelter area”, l’area protetta al chiuso dove soggiorneranno, consumeranno i pasti tre volte al giorno e si laveranno in servizi igienici e docce separate. Ciascuno riceve due coperte, una bottiglia d‘acqua e una tuta pulita. È un ampio spazio con un’area separata da tende per le donne e i bambini, off limits per tutti gli uomini. Ma se una migrante, con o senza bambini, vuole stare vicino al marito può farlo. Di giorno libero accesso al ponte superiore all’aperto. Sulle pareti cartelli con le regole minime di convivenza in inglese, francese, arabo, tigrino e bengalese. E poi carte geografiche del Mediterraneo e del mondo.
Le esercitazioni degli operatori di Emergency - L.L.
Tutto è pronto. Finora sulla Life Support gli oltre mille naufraghi salvati in un anno non hanno mai creato problemi. Capiscono subito e apprezzano la professionalità e l’umanità degli operatori. La disponibilità dei mediatori culturali, un po’ interpreti e un po’ psicologi, è fondamentale per creare un clima disteso.
Vale la pena di citare il biglietto autografo di un passeggero eritreo, incorniciato nella sala riunioni della Life Support. «Che la pace sia con voi, cari fratelli. Nel posto di inferno in cui eravamo destinati a morire, abbiamo aperto gli occhi e visto solo paradiso, ci avete dato di nuovo la vita. Ci avete salvati, sfamati, dissetati, rivestiti, vi siete presi cura di noi, ci avete accompagnati e siamo arrivati in sicurezza in Italia. A nome di tutte le persone naufragate, vi rigrazio». Anche a quelle che probabilmente incontreremo nei prossimi giorni.