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Il tema. «Due miliardi per garantire i diritti dei disabili»

Paolo Ferrario mercoledì 3 gennaio 2024

Il 2024 sarà l’anno della «rivoluzione sui temi della disabilità», annuncia su Facebook la ministra Alessandra Locatelli. Ma, alla luce della «mancanza di previsioni economiche» nella legge di Bilancio approvata dal Parlamento negli ultimi giorni del 2023, le associazioni temono che, come spesso accade in Italia, «si faccia una bella cornice, ma il quadro resti vuoto». Sul versante dei diritti delle persone disabili, il nuovo anno comincia, dunque, sotto il segno della consapevolezza che «un cambio di passo è necessario», sottolinea Vincenzo Falabella, presidente della Fish, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap, che da trent’anni lavora, con le associazioni aderenti, per l’inclusione sociale delle persone con differenti disabilità.

«Si poteva fare di più»

Nel mirino della Federazione è finita la manovra economica del governo: «Si poteva fare di più», denuncia Falabella, ricordando i «tre capitoli» su cui, in audizione nelle commissioni riunite di Camera e Senato, la Fish aveva tanto insistito. Il primo riguarda il Fondo per la vita indipendente, che la Federazione aveva chiesto passasse «dagli attuali 15 milioni ad almeno 100 milioni di euro». Il secondo capitolo sollecitava una migliore distribuzione delle risorse del Fondo nazionale per la non autosufficienza ed il terzo un incremento dei finanziamenti per la legge 68/99 sul collocamento lavorativo dei disabili. «Le censure evidenziate non sono state superate», ricorda Falabella.

Fondo unico promosso

Che, invece, promuove con riserva l’istituzione del Fondo Unico per l’inclusione che, per il 2024, ha una dotazione superiore ai 552 milioni di euro. «Lo avevamo chiesto da tempo e finalmente la nostra istanza è stata accolta – ribadisce il presidente nazionale della Fish –. Ma purtroppo non basta. Per questo avevamo presentato, con scienza e coscienza, oculati emendamenti, tra cui l’implementazione del fondo sulla vita indipendente, sui caregiver familiari, sulla non autosufficienza. Emendamenti che non avrebbero certamente richiesto il responso messianico del ragioniere che, dopo complicati calcoli, avrebbe detto se la posta di bilancio ha copertura o no rispetto all’obiettivo di deficit pubblico, ma che sicuramente avrebbero avviato un cambio di passo sui temi della disabilità. Peccato non siano stati accolti».

«Per garantire i diritti servono due miliardi»

Il «cambio di passo» invocato da Falabella riguarda, in prima battuta, proprio le risorse. Che andrebbero moltiplicate per quattro. «Per rendere davvero esigibili i diritti dei disabili, sarebbe necessario investire nel Fondo unico almeno due miliardi», ricorda Falabella. Che adesso guarda, non senza preoccupazione, anche alla prossima approvazione dei decreti attuativi della legge di riforma della non autosufficienza, attesa da oltre vent’anni. «I testi ci sono e dovrebbero essere approvati entro aprile», anticipa Falabella. Dopo è prevista una fase di sperimentazione «in sei province» fino ad arrivare a regime nel 2026. «Dalla riforma ci aspettiamo davvero un cambiamento per quanto riguarda il progetto di vita complessivo delle persone disabili – conclude Falabella –. Ma, ancora una volta, ci preoccupa la totale assenza di risorse per il 2024. Speriamo nel 2025. Ma tutti devono essere consapevoli che, senza finanziamenti adeguati, anche questa riforma è destinata a rimanere soltanto sulla carta».

«Nonostante i progressi, c'è ancora molto da fare»

Un pericolo da scongiurare e di cui è avvertita anche la stessa ministra per le Disabilità Locatelli. «Nonostante i progressi fatti, c’è ancora molto lavoro da fare», ha scritto su Facebook in occasione dell’approvazione della Finanziaria.
«In particolare – prosegue la ministra – per quanto riguarda l’inclusione e la disabilità, è evidente che ci sono ancora troppe rigidità e complicazioni che le persone e le famiglie devono affrontare. Nel 2024 – annuncia – ci concentreremo ancora di più nel far comprendere a coloro che non capiscono l’importanza di mettere al centro le persone anziché seguire vecchie pratiche. I sistemi possono essere cambiati e le procedure semplificate, basta applicare buonsenso e impegnarsi maggiormente. Non basta soltanto parlare e non bastano nemmeno le risorse concrete».

La sfida del G7

Da qui, dunque, dovrà partire quella «rivoluzione» di cui parla Locatelli. In un anno, quello appena cominciato, che riserverà «tante sfide», ma anche «sorprese e opportunità». Come, per esempio, organizzare in Italia, in Umbria a ottobre, «il G7, per la prima volta al mondo su inclusione e disabilità». «Mi aspetto che daremo continuità a tanti temi come l’inclusione lavorativa, le nuove tecnologie, il diritto alla piena partecipazione alla vita civile sociale e politica di ogni persona ma voglio anche che tutti sappiano e vedano coi propri occhi quanto l’Italia già sta facendo – aggiunge la ministra Locatelli –. Il 2024 sarà un anno importante dobbiamo lavorare ancora tanto ma l’importante è che questa rivoluzione sia partita».

All’appuntamento di ottobre, però, l’Italia dovrà presentarsi con «un’unica voce», avverte Locatelli. «Se vogliamo che il mondo sociale, il mondo delle persone con disabilità delle tante famiglie che sono milioni che ogni giorno si occupano degli altri conti e conti davvero – ricorda la Ministra – dobbiamo unire le voci su alcuni temi importanti: quello dell’accessività universale, quello del progetto di vita che con la legge delega andremo a implementare. Insieme possiamo davvero fare la differenza», ribadisce la Ministra. Che ricorda le iniziative portate a termine nel 2023: «Abbiamo ripartito diversi fondi: il fondo ipoacusia con 10 milioni di euro per esempio; per il fondo all’assistenza alla comunicazione più di 100 milioni di euro. C’è poi anche il fondo che ha dato la possibilità a tanti giovani con disabilità di promuovere l’inclusione lavorativa».

Il nodo delle barriere architettoniche

Resta, comunque, il nodo delle barriere architettoniche, ricorda il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Davide Faraone. «Siamo indietro rispetto agli standard europei – sottolinea il deputato centrista –. Con la “Revisione della disciplina sulla detrazione fiscale per l’eliminazione delle barriere architettoniche”, il governo restringe di parecchio la possibilità delle famiglie di fare lavori con il credito di imposta al 75% per abbattere le barriere», denuncia Faraone.