Montecitorio. Sul fine vita ora è rottura: la legge va verso l'aula
Non c’è pace per la legge che dovrebbe normare una materia delicatissima come le scelte di fine vita dei cittadini italiani, attorno alla quale pare al momento impossibile creare il consenso ampio che sarebbe necessario su temi di simile portata. In un clima di reciproca incomunicabilità, che ieri ha toccato il suo punto più basso, il ddl con le «Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate» è stato licenziato nella tarda serata di ieri dalla Commissione Affari sociali, ma al voto finale si è arrivati con i banchi degli oppositori desolatamente vuoti. Dopo poco più di tre ore di discussione mai così serrata, il drappello di deputati che per un mese ha cercato di modificare il più che discutibile testo sottoposto all’esame della Commissione ha sbattuto la porta e lasciato che la maggioranza anomala creatasi attorno al progetto (Pd, M5S, Sinistra italiana) varasse per conto proprio gli ultimi tre articoli – su cinque complessivi – rimasti da esaminare. Una decisione già annunciata alla vigilia di quest’ultima seduta ma che era sembrato possibile evitare con una discussione sul merito degli emendamenti. Alle 21.10 però la situazione è precipitata e otto deputati di altrettante formazioni politiche hanno lasciato la riunione: Paola Binetti (Alleanza popolare), Eugenia Roccella (Idea), Francesco Paolo Sisto (Forza Italia), Alessandro Pagano (Lega), Gian Luigi Gigli (Democrazia solida-le), Domenico Menorello (Civici e innovatori), Raffaele Calabrò (Ncd) e Benedetto Fucci (Conservatori e riformisti). Mario Marazziti (Democrazia solidale), presidente della Commissione, che pure si era prodigato per trovare soluzioni condivise, ha dovuto prendere atto della rottura e proseguire i lavori senza la componente che aveva condotto sin lì una vera e propria battaglia per correggere il testo su punti decisivi come la possibilità di sospendere o meno la nutrizione assistita.
Le versioni sull’ultimo miglio dei lavori in Commissione ovviamente sono antitetiche: i fautori della legge parlano di «ostruzionismo», i critici lamentano una «violazione del regolamento», tanto da far partire un ricorso indirizzato alla presidenza della Camera. La pietra d’inciampo è il contestatissimo articolo 3, che parla di «Disposizioni anticipate di trattamento » e che di fatto – combinato con il comma 7 dell’articolo 1 – obbliga il medico a eseguire le volontà del paziente, quasi senza margini di manovra, né prevedendo alcuna forma di obiezione di coscienza. La selva di emendamenti presentati dal drappello di deputati contrari al ddl è stata spazzata via dalla sostituzione del testo dell’articolo 3 con un emendamento firmato da Maria Amato (Pd) a sua volta fatto proprio e corretto dalla relatrice Donata Lenzi (Pd): una riscrittura di questa parte della legge che ha finito per far decadere in un colpo solo ben 93 proposte di modifica. Secondo gli otto 'dissidenti' si sarebbe così violata la regola sui lavori del Parlamento che prevede l’esame degli emendamenti a partire da quello più lontano dal testo base per avanzare sino al più prossimo. Così non è stato, e sul fine vita ora la rottura si è consumata gettando un’ombra sui lavori dell’aula di Montecitorio dove – con questo clima – è difficile immaginare modifiche che pure appaiono indispensabili (si pensi alle 'dichiarazioni' nel titolo della legge che diventano 'disposizioni', con un chiaro spostamento semantico) per scongiurare il pericolo concreto di interpretazioni e applicazioni eutanasiche una volta che la legge entrasse in vigore.
Resta da valutare la possibilità, alla quale ha lavorato Marazziti, di guadagnare tempo per consentire una ripresa del dialogo. Scelta po-litica, evidentemente, che potrebbe anche portare a una data per la discussione in Aula diversa da quella ora prevista del 27 febbraio. Una mediazione che tuttavia si presenta molto difficile. Dal canto suo, Donata Lenzi sottolinea l’importanza del lavoro svolto: «Abbiamo valorizzato molto il ruolo del fiduciario perché spetta a lui rappresentare la persona che non può più dire la sua e attualizzare la decisione – spiega –. La perdita delle capacità non può essere anche perdita della propria identità. Abbiamo cercato il bilanciamento dei valori della salute e della libertà e tenuto presente che l’autodeterminazione non è senza limiti come anche l’autonomia del medico: solo incontrandosi si ha una relazione di cura, che cerchiamo di mantenere anche nella fasi finali dell’assistenza». Marazziti invita a valorizzare l’innovativo articolo 4 che introduce la «pianificazione condivisa delle cure», un atto che sostituirebbe all’insorgere della malattia le Dat, scritte quando ancora si era sani. Argomenti che non bastano ai detrattori della legge, cui è parso perfino beffardo l’emendamento accolto ieri dalla Commissione aggiungendo all’articolo 4, secondo comma, i componenti dell’«unione civile» ai familiari tra i soggetti da coinvolgere nell’informazione sulle terapie. Ci mancava solo l’evocazione dell’ultima frattura nel Parlamento e nel Paese...