Fine vita. 400 emendamenti per evitare una legge eutanasica
Prosegue il cammino della legge sul fine vita. Sono quasi 400 gli emendamenti presentati entro il termine fissato per martedì sera al testo base codificato da Alfredo Bazoli, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia alla Camera: «Un numero congruo in considerazione della natura del provvedimento – commenta Mario Perantoni (M5s), presidente della stessa Commissione –, e che ci fa apprezzare l’assenza di qualsiasi volontà ostruzionistica ».
Toccherà a lui coordinarsi con la collega Marialucia Lorefice (M5s), alla guida della Commissione Affari sociali che sta seguendo congiuntamente l’iter della legge. L’idea è «andare in aula a seconda del calendario », ma gli emendamenti non saranno discussi prima di metà ottobre. Bazoli auspica «un lavoro co- struttivo per arrivare a un risultato, quanto mai importante anche alla luce della sfida referendaria». Il riferimento è alla consultazione popolare invocata dai Radicali, che a favore di una legge per depenalizzare l’eutanasia – un passo ulteriore rispetto a quella del suicidio assistito, reso lecito dalla Corte costituzionale entro limiti strettissimi, demandati al Parlamento – hanno ormai raccolto 900mila firme.
Tra gli emendamenti più rilevanti quello di Forza Italia che – interpretando fedelmente proprio la sentenza 242/2019 della Consulta sul suicidio assistito – intende subordinare la morte a richiesta alla precedente somministrazione della terapia del dolore. «È certamente grave – si legge nel commento alla proposta di modifica – che l’accesso alla procedura di fine vita previsto dal testo unificato menzioni le cure palliative non nei termini cogenti di un prerequisito, come sancito dalla Consulta; e ancor più grave è che i requisiti di accesso alla procedura di fine vita risultino meno rigorosi di quelli che permettono di accedere alle cure palliative ». Un altro emendamento vorrebbe invece eliminare dai requisiti d’accesso al suicidio assistito la «condizione clinica irreversibile».
Non sempre, infatti, questa situazione deriva da una patologia, e il rischio – con l’attuale formulazione del testo – sarebbe un allargamento delle maglie ben oltre quanto indicato dalla Consulta. Sempre nell’intento di evitare abusi, un altro emendamento vorrebbe tra i prerequisiti per accogliere la richiesta di morte anche il fallimento di una concreta assistenza psicologica.
Un ulteriore punto focale negli emendamenti proposti è quello sull’obiezione di coscienza: «Il medico e l’appartenente al personale sanitario – recita la proposta di modifica – non è tenuto a partecipare ad alcun atto della procedura di morte volontaria medicalmente assistita, se in contrasto con la propria coscienza. Deve escludersi a seguito di ciò qualsiasi effetto pregiudizievole civile, penale, disciplinare, professionale, di progressione di carriera o di accesso a selezioni».
È la stessa Corte costituzionale ad aver ispirato questa correzione, chiarendo nella sentenza 242 che «la presente declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici». Bazoli lancia un monito «ai partiti più barricadieri»: la posta in gioco è troppo alta, non possiamo permetterci di fallire.