Emergenza. Suicidi e oblio, l'agosto nero delle carceri italiane
Un carcere italiano (Fotogramma)
Su ottantuno morti accertati dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane, trentaquattro sono suicidi. Storie di disperazione dove spesso, oltre alla depressione e alla rabbia per una condizione disumana, c’entra anche la droga. Gli ultimi cinque suicidi sono stati registrati solo nel mese di agosto, sette a luglio.
Mercoledì scorso a togliersi la vita è stato un giovane che scontava la sua pena a Poggioreale, Napoli: aveva 29 anni, si è impiccato con un lenzuolo alle inferriate mentre i suoi compagni di cella passeggiavano in cortile durante l’ora d’aria. Venti giorni prima altri due reclusi si erano tolti la vita, in momenti diversi, nei padiglioni del carcere partenopeo dove attualmente sono stipati più di 2.250 detenuti (capienza massima 1.500).
Ma l’emergenza suicidi riguarda altri istituti penitenziari, come quello di La Spezia, nel quale il 5 agosto si è ucciso un egiziano di 60 anni, o di Genova Marassi nel quale ha deciso di farla finita un trentenne senegalese che pure era stato messo sotto sorveglianza dalla direzione perché ritenuto dagli psichiatri capace di atti di autolesionismo. Nella Casa Circondariale di Paola, in provincia di Cosenza, un ragioniere campano di 75 anni è morto perché rifiutava il cibo: da mesi era in attesa di giudizio per aver ucciso la moglie (delitto che aveva confessato).
Dal 2000 ad oggi i carcerati che hanno perso la vita, per ragioni diverse, all’interno di un istituto penitenziario, sono stati 2.815.
Sull’allarmante incremento delle morti in carcere è intervenuto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci il quale ha sottolineato come nei penitenziari italiani vengano anche sventati centinaia di tentativi di suicidio: «I principi di certezza della pena e della sua funzione rieducativa possono considerarsi davvero effettivi – commenta il magistrato – solo se per le pene detentive nelle carceri (ma lo stesso vale per le misure cautelari) sono garantite condizioni di dignità e umanità, principi costituzionali imprescindibili».
Intanto, il ministero della Giustizia annuncia che, su iniziativa del ministro Alfonso Bonafede e del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, sarà avviata «una mirata attività ispettiva orientata a raccogliere tutti gli indispensabili elementi informativi in riferimento ad ogni suicidio avvenuto dal 1° gennaio e rispetto ad ogni ulteriore evento futuro della stessa natura». Attendiamo di sapere dunque cause, dinamiche e modalità dei fatti. Ma anche l’applicazione del capitolo del “contratto di governo” che prevede un «piano per l’edilizia penitenziaria per la realizzazione di nuove strutture e l’ampliamento e ammodernamento delle attuali». Un impegno gravoso al quale si aggiunge quello per un «piano straordinario di assunzioni». E, in tema di sovraffollamento delle carceri, «l’attivazione di accordi bilaterali di cooperazione giudiziaria con gli Stati di provenienza», per «consentire al maggior numero di detenuti stranieri di scontare la propria condanna nel Paese d’origine».
Intanto gli episodi di degrado e incuria nelle strutture "storiche" continuano. A Marassi nei giorni scorsi il Sappe, il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, ha segnalato condizioni igieniche «indecenti e vergognose»: un grosso ratto è stato visto correre nei corridoi tra le celle dei detenuti.