Medicina. Studenti tra test e proteste
Il più giovane ha solo 17 anni e si è presentato a Napoli, mentre il più anziano ha superato i 64 e ha preso parte alla selezione a Torino. Sono due dei 66.907 candidati - provenienti per il 59% dal liceo scientifico, secondo un report di Almalaurea - che, ieri mattina, hanno preso parte al test d’ingresso a Medicina e Odontoiatria, per conquistare uno dei 9.100 posti disponibili. Praticamente, soltanto un aspirante medico su sette riuscirà ad immatricolarsi. Particolare contestato dalle organizzazioni e dai sindacati degli studenti che, in occasione della disputa delle prove, hanno organizzato flash mob di protesta in tutta Italia.
Secondo i partecipanti ai test di selezione, intervistati da Skuola.net, tra le 60 domande a risposta multipla, quelle più difficili sono stati i venti quesiti di Logica, mentre più abbordabili sono state quelle di Biologia, Matematica, Fisica e Chimica. Le due domande di cultura generale riguardavano un libro sui buchi neri nello spazio e i Patti Lateranensi del 1929 e sono state considerate “cattive” soltanto dal 10% dei candidati. Che, adesso, dovranno aspettare il 29 settembre per conoscere i risultati nominali, mentre la graduatoria nazionale di merito sarà pubblicata il 3 ottobre.
«I test d’ingresso e il numero chiuso sono, ancora oggi, il sistema più obiettivo per selezionare gli studenti», sottolinea il presidente della Commissione d’esame alla facoltà di Medicina dell’Università Federico II di Napoli, Cesare Gagliardi. Dello stesso parere il rettore della Sapienza di Roma, Eugenio Gaudio: «In Medicina il numero programmato è una scelta obbligata. Formare un medico – ricorda – vuol dire dargli la possibilità di andare in corsia, di studiare sul paziente e di andare in laboratori scientifici aggiornati in cui formarsi. Questo – conclude Gaudio – ovviamente non è possibile per un numero infinito di persone. Il diritto allo studio non è solamente possibilità di iscriversi, ma è diritto anche a frequentare».
Forti della recente sentenza del Tar del Lazio, che ha bocciato il test d’ingresso alle facoltà umanistiche dell’Università Statale di Milano, gli studenti sono tornati anche ieri a manifestare contro il numero chiuso, chiedendo, come hanno fatto Udu e Rete degli studenti, l’abrogazione della stessa legge 264 del 1999 che l’ha introdotto. «Il numero chiuso chiude gli ospedali, medici in estinzione», hanno scritto gli studenti di Link su uno striscione affisso all’ingresso della facoltà di Medicina dell’università di Siena. Il riferimento è al taglio dei posti disponibili, scesi dai 9.224 del 2016 ai 9.100 di quest’anno.
Sulla vicenda è nuovamente intervenuto il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, sottolineando che «il numero chiuso è un numero programmato in cui noi dobbiamo garantire qualità agli studenti. Per allargare il numero dei laureati noi dobbiamo investire ». L’emergenza del Paese, ricorda a questo riguardo Fedeli «è il numero basso di laureati», che ci vede al penultimo posto in Europa». Stando ai più recenti dati Eurostat, in Italia la percentuale dei laureati tra i 30 e i 34 anni è del 26,2%, davanti soltanto alla Romania, ultima con il 25,6%. In testa ci sono la Lituania (58,7%), Lussemburgo e Cipro (53,4%), Irlanda (52,9%) e Svezia (51%). Pur avendo raddoppiato il numero dei laureati rispetto al 2002, l’Italia resta insomma ben lontana dall’obiettivo del 40% fissato dalla Strategia Europa 2020.