Bari. Storie di ragazzi sospesi tra strada e clan
«Adesso ho capito quello che dicevate. Se potessi tornate indietro… ». È la frase che molti ragazzi 'difficili' dicono agli operatori della cooperativa Eughenia che a Bitonto gestisce i centri Chiccolino e Baloo, per minori a rischio o già finiti in storie di illegalità (ieri abbiamo raccontato le sue attività). Lo dicono quelli che ce la fanno ma anche quelli che falliscono. Perché ci sono anche insuccessi nell’importante e preziosa attività della cooperativa, a fronte di molti esiti positivi. Sia di adolescenti ma soprattutto di bambini. L’età conta molto, come ci spiegano gli operatori dei due centri, soprattutto per gli adolescenti già troppo coinvolti nel sistema criminale. Basti pensare che i clan arrivano a dare a questi ragazzini fino a 250 euro al giorno, come vedette o corrieri. Come i due di 16 e 21 anni arrestati dai carabinieri il 31 gennaio nei controlli a tappeto nelle zone dei clan, perché trovati con più di un chilo di droga.
O come Giuseppe Casadibari, il ventenne probabile obiettivo dei killer che hanno ucciso Anna Rosa Tarantino. Storie di vittorie, alcune davvero miracolose, e di sconfitte che fanno molto male, quelle che ci raccontano la fondatrice della cooperativa, Patrizia Moretti e alcune operatrici. Come quella di un ragazzo col padre arrestato ma con la madre molto collaborativa. «Voleva a tutti costi che studiasse. L’abbiamo seguito e inserito a scuola, liceo classico. E ora ha tutti dieci». La dimostrazione di quanto conti l’aiuto delle famiglie, o almeno di uno dei genitori. È il caso di una mamma rom di 30 anni con 8 figli tra 6 e 15 anni. Chiedeva l’elemosina coi bimbi agli incroci e davanti ai negozi, ma voleva che andassero a scuola.
«Non li facevano entrare perché sporchi. Vivevano in una baracca in un cantiere, senza l’acqua per lavarsi e neanche la luce ». Ma dopo l’incontro con la cooperativa la vita per i bambini cambia, e con essa il rischio di finire in qualche 'giro' pericoloso. «Ora vengono da noi la mattina, fanno la doccia, gli diamo vestiti puliti e li portiamo a scuola. Li andiamo a riprendere e nel pomeriggio fanno attività comune con gli altri bambini. C’è integrazione, nessuno li fa sentire diversi. Anche a scuola sono soddisfatti, sono ben inseriti: la mamma è felice. Lei continua a chiedere l’elemosina ma non porta più i figli». Ci sono poi successi che lasciano strascichi dolorosi. È la storia di due fratellini di 6 e 8 anni, col padre alcolista e violento. Vengono così separati dai genitori e anche tra di loro perché quel clima di violenza li aveva coinvolti. Ma non ci si arrende. «Sono stati inseriti insieme nel centro Baloo e hanno recuperato il rapporto di fratellanza. Abbiamo lavorato su di loro e anche sulla famiglia. Purtroppo il padre è scomparso. Uno dei bambini ora vive con la madre e l’altro coi nonni paterni, ma ormai il rapporto è stato ricreato. È stata sotterrata l’ascia di guerra. Si incontrano a casa della mamma e studiano con impegno».
Ma alcune volte neanche le mamme riescono a salvare i figli. Come dimostra una storia di violenza terribilmente precoce. «Abbiamo aiutato una donna a denunciare il marito alcolista e giocatore d’azzardo patologico, che la picchiava. Il figlio di 7 anni imitava il padre e anche lui la picchiava. Dopo la denuncia ora è una donna libera, ha un lavoro e una casa. Il bambino è stato da noi per due anni ma era già troppo coinvolto, picchiava gli altri, sputava. Ora è lontano in una comunità residenziale». Ma l’insuccesso più duro, quello che Patrizia non riesce a togliersi dalla memoria e dal cuore, è quello di due gemelli di 7 anni, i primi arrivati al Baloo. «Venivano da una famiglia 'criminale' che remava contro e con un padre seduttivo. Abbiamo fatto di tutto ma li abbiamo dovuti dimettere quando avevano 10 anni.
Dopo poco sono finiti sui giornali per alcuni furti. Poi arrestati più volte per droga». Spaccio e consumo. Non casi isolati, visto che il 100% dei ragazzi inseriti nel centro ha consumato cannabis e alcuni anche altre sostanze. Ma per i due fratelli si presenta una nuova occasione, quando a 21 anni sono tornati. «Si riprendeva il discorso. Con uno ha funzionato. Aveva ricordi lucidissimi di quello che aveva fatto al Baloo, soprattutto le gite. Con l’altro non andava per colpa della dipendenza dalle droghe». Ma gli operatori si impegnano per recuperare quel percorso. Un impegno vanificato dal passato che riaffiora. «Il primo ragazzo sembrava potesse farcela. Ma poi è stato arrestato proprio qui da noi per vecchie vicende. Ora è in carcere, mentre il fratello è libero ma ancora dentro la droga». Ma ne valeva la pena? «Sì, sempre. I loro sorrisi, i loro progressi ci dicono che dobbiamo continuare».