La svolta. L'assegno unico universale fa anche fattore famiglia
Una famiglia in città
Caro direttore
il lungo dibattito su come rinnovare, semplificare e potenziare gli aiuti alla famiglie ha finalmente trovato una sintesi nell’Assegno unico e universale per i figli, la cui legge delega è stata appena approvata. Molto merito per questo risultato va riconosciuto al Forum nazionale delle associazioni familiari, non solo per aver aiutato la sintesi politica, ma anche per aver virato decisamente (dal 2018) verso questa soluzione, lasciando altre proposte fino ad allora preferite.
Per un certo tempo, infatti, si suggerì alla politica di adottare il modello francese del Quoziente familiare. Una proposta certamente rispettosa dei carichi familiari, ma molto costosa in termini di minori entrate e con il limite di ridurre l’effetto di progressività delle imposte sulle persone fisiche, in contrasto al principio costituzionale.
La successiva proposta avanzata, quella del Fattore famiglia, prevedeva la costituzione di una no tax area: una dote riconosciuta per il mantenimento dei figli sottratta dall’imponibile. Anche questa proposta – in linea di principio giusta – avrebbe però determinato una riduzione della progressività fiscale e sarebbe rimasta inapplicabile nel caso di incapienza.
Sia il Quoziente familiare, sia il Fattore famiglia scontavano inoltre il limite di operare attraverso la leva fiscale, senza quindi rendere evidente il contributo statale al mantenimento dei figli. Prevedevano poi di passare da una dichiarazione dei redditi individuale (come avviene oggi in Italia) a una familiare, con potenzialità ma anche problemi conseguenti. Senza dimenticare il rischio di uno strisciante scontro tra posizioni ideologiche. Infine, la preferenza verso un Universal Child Benefit ha trovato un riscontro anche nelle scelte fatte dalla gran parte dei Paesi occidentali, che hanno quasi tutti adottato, pur con diverse forme, tale modello.
L’Assegno unico e universale è stato quindi preferito, trovando un’eccezionale unanime convergenza di praticamente tutte le forze parlamentari, soprattutto perché rende esplicito il valore del sostegno economico riconosciuto dallo Stato; risolve l’anomalia italiana degli assegni familiari; rispetta il principio della progressività fiscale sui redditi delle persone fisiche; non penalizza o stigmatizza gli incapienti con figli a carico; si concentra sui figli più che sullo stato civile dei genitori. Si aggiungano poi i tratti di semplicità, continuità, equità ed universalità, ottenibili peraltro anche con altre soluzioni.
Resta da sottolineare il modo con cui sarà erogato l’Assegno: in denaro, oppure come credito d’imposta. Questa seconda soluzione prevede quindi che dall’imposta da pagare sia detratta la somma degli assegni mensili spettanti, potendo anche andare a credito verso l’erario. Il Fattore famiglia prevedeva invece che la detrazione avvenisse sull’imponibile. Certo è diverso, ma non poi così tanto. Perché (al di là degli importi, ma questa è un’altra questione...) il principio è lo stesso: si lascia direttamente, nelle tasche delle famiglie, una parte del costo del mantenimento dei figli.
Deputato del Pd