Emergenza. Continua la fuga dalla sanità pubblica. «Nel 2024 via altri 7mila medici»
Anaao-Assomed lamenta che molte borse di studio per le specializzazioni vanno deserte
Ogni anno il Servizio sanitario italiano (Ssn) perde pezzi importanti. E il 2024 non sarà da meno. «Se noi dovessimo basarci sui dati degli anni passati, i medici del Ssn che dal 2022 al 2023 hanno lasciato il pubblico sono più che raddoppiati. Quindi, nel 2024 possiamo stimare in 7mila i colleghi che lasceranno le corsie». Lo annuncia Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao-Assomed, il maggiore sindacato dei medici ospedalieri e dirigenti del Servizio sanitario nazionale.
Ma non c’è soltanto il fronte “uscite”; il problema della sanità pubblica è la sua perdita di attrattività. Un tema che gli addetti ai lavori hanno spesso rilanciato. «Uno specchietto tornasole della situazione è dato anche da chi decide di entrare nel sistema pubblico – osserva Di Silverio –. Molte borse di studio per le specializzazioni vanno deserte. Questo è un chiaro segnale che l'appetibilità dell'ospedale pubblico non c'è più».
Su questi fronti, secondo il sindacato, «non ci sono le risposte che ci saremmo aspettati dal Governo Meloni che sui soldi fa questione di lana caprina: un conto sono le risorse sul Fondo sanitario altro quelle sul personale. Oggi in Italia – rimarca il numero uno dell’Anaao Assomed – il problema sono i professionisti, tutti hanno detto in queste settimane quanto sono importanti gli operatori sanitari ma poi, se andiamo a leggere la Manovra, troviamo 80 euro per gli straordinari dedicati all’abbattimento delle liste d’attesa, quando non abbiamo assolutamente tempo in più».
E poi, dichiara Di Silverio, c’è il capitolo «sui 2,3 miliardi per il rinnovo del nostro contratto», ma con «un aumento netto nelle tasche, che vedremo tra un anno, di 150-160 euro lordi al mese. Mentre si danno soldi al privato accreditato». Inoltre, «non c’è stata nessuna risposta sullo scudo penale, in attesa di una legge», conclude il segretario nazionale, proprio «come è stato fatto durante la pandemia, a costo zero».
Intanto, continuano ad essere sotto pressione i Pronto soccorso e gli studi dei medici dei famiglia, a causa dell’epidemia di influenza, che è ormai ritenuta come tra le più forti degli ultimi 10 anni. Una sindrome che si somma alle altre patologie stagionali e ai casi di Covid.
«Si assiste in questo periodo a un'emergenza sanitaria che colpisce tanto i Pronto soccorso, ma non solo – dice il presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), Alessandro Rossi –. Come medici di famiglia, siamo oberati di richieste di informazioni, di telefonate, di visite, di certificazioni. C’è un assalto alle nostre prestazioni, come a quelle di tutti i sanitari. Aumentano di molto gli accessi» agli studi.
«Ma la prima conseguenza pratica per noi – aggiunge – è che le telefonate sono raddoppiate. Se in media in giorni ordinari le chiamate ai medici di medicina generale, a livello nazionale, sono circa 2 milioni, ora sono diventate 4 milioni. Dividendo questo totale di chiamate per i medici di famiglia, che sono circa 40mila in Italia, si capisce come ciascuno di noi stia ore con la cornetta in mano», per rispondere ad almeno un centinaio di telefonate quotidiane, calcola Rossi. Per il quale quella che dovrebbe essere una condizione ordinaria, «in realtà per la mancanza di programmazione da una parte, e di medici e infermieri dall'altra », diventa una «situazione critica».