Il caso. L'Eucaristia e la patatina. Spot in tripla versione, una blasfema
Un frame dello spot di Amica chips
Cristo ridotto a una patatina. Svilito e vilipeso come duemila anni fa. Quantomeno sui social, in tv invece va una versione più "rispettosa". Amica chips sceglie ancora una volta la provocazione come comunicazione. Che in tv si ferma sulla soglia del sacro, mentre sui social diventa blasfemia. Ci si può girare intorno quanto si vuole - con parole come «provocazione, linguaggio ironico e trasgressivo» - ma di fatto questo è il nuovo spot delle patatine Amica chips ideato dall’agenzia Lorenzo Marini group.
In breve, la “trovata creativa” sui social è questa: un gruppo di novizie è a Messa e al momento della comunione quando la prima della fila chiude la bocca dopo aver ricevuto l’Eucaristia si ode uno scrocchio. Sguardi di sorpresa di suore e sacerdote: nella pisside, infatti, anziché le ostie ci sono le patatine. L’inquadratura successiva svela il mistero: è stata la suora più anziana che sta sgranocchiando un sacchetto di chips ad avercele messe avendo in precedenza trovato la pisside vuota. Lo slogan finale, mentre in sottofondo suonano le note dell’Ave Maria di Schubert, è: «Amica chips, il divino quotidiano».
Spot diverso invece quello andato in onda domenica sera e che verrà programmato sulle reti Mediaset, quelle del gruppo Cairo e altri canali. Su richiesta di Mediaset, infatti, l'agenzia ha predisposto un altro spot, in cui non si vede se alla suora venga data l'ostia consacrata e il "crunch" che si sente sembra semplicemente il rumore dello sgranocchiare patatine della suora che sta in sacrestia. Forse un po' banale l'utilizzare preti e suore per provocare ma tutto sommato nulla di gravemente offensivo. In realtà, c'è poi una terza versione per la Rai ancora più "edulcorata" in cui si vede chiaramente che alla suora viene data propriamente un'ostia bianca. Al contrario, appunto, della versione per i social, che com’era naturale attendersi ha sollevato già proteste. Di più: l’Aiart (che evidentemente ha trovato ex-post la versione online) ha chiesto «l'immediata sospensione» dello spot, in quanto «offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti oltre che essere oltraggioso nel banalizzare l'accostamento tra la patatina e la particola consacrata». Giovanni Baggio, presidente nazionale dell'associazione di telespettatori di ispirazione cattolica, definisce in una nota «penoso» il messaggio pubblicitario: «Il tentativo di risollevare un'azienda ricorrendo alla blasfemia».
L’Aiart ha perciò segnalato lo spot all'Istituto di Autodisciplina pubblicitaria «in quanto contrario agli articoli 1 e 10: lealtà della comunicazione, convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona, del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale». Secondo l’associazione «è la spia di una sensibilità sociale ed indifferenza etica che non contraddistingue soltanto il comportamento di un’azienda e di un pubblicitario. Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?». «Lo spot di Amica Chips è mancanza di rispetto e di creatività, oltre che spia dell'incapacità di fare marketing senza ricorrere a simboli che con il consumo e il croccante nulla hanno a che fare». Ricorrere a «riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità. Per la serie, "purché se ne parli"».
“Avvenire” ha provato a contattare l’azienda Amica chips ma non ha ricevuto risposta. Lorenzo Marini, Ceo e direttore creativo della campagna ci ha invece cortesemente risposto in serata spiegando di «aver voluto segmentare gli spot in maniera diversa a seconda del target di pubblico, anche su richiesta delle stesse reti Mediaset». Così in televisione si propone l'ostia, sui social e su Youtube ci sono le patatine al posto del corpo di Cristo.
Possiamo dire, dunque, che in tv passa uno spot più o meno edulcorato, rispettoso seppur al limite e invece sul digitale uno spot decisamente blasfemo? «Diciamo irriverente, come è la natura stessa della pubblicità - risponde Lorenzo Marini che tiene a definirsi credente, cattolico praticante». Si gioca sull'ambiguità, quantomeno in tv? «No, il tono è laico, anche la musica di Schubert lo testimonia. Una volta chiesero a Bill Bernbach, l'inventore della pubblicità moderna, se la pubblicità è arte. Lui rispose che la pubblicità è seduzione e la seduzione è una forma d'arte».
Su alcuni siti specializzati in comunicazione vengono riportate alcune righe di un comunicato di presentazione della campagna in cui si dice che «Il messaggio vuole esprimere, si legge nella nota, "con forte ironia british", un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione chiaramente teatrale e da fiction», tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità».
Lorenzo Marini, che ha firmato la direzione creativa dello spot, probabilmente pensava a “Sister act” o pellicole simili. E l’azienda di patatine intendeva continuare con le provocazioni come quella di qualche anno fa con Rocco Siffredi a “giocare” con i doppi sensi della parola patata in un altro spot. Ma il risultato se è accettabile al limite nella versione Rai, sul web invece è tutt’altro. Sui canali digitali è un’offesa a ciò che c’è di più sacro per milioni di italiani, anzi per 2,4 miliardi di cristiani nel mondo: il Cristo crocifisso e risorto che si fa presente nell’ostia consacrata. In quella pisside, ad ogni Messa nel mondo, infatti, non si ricorda semplicemente il comandamento lasciato da Gesù agli apostoli nell’ultima cena, ma avviene una consacrazione che trasforma del pane nel corpo stesso di Cristo, di cui i credenti si cibano per essere con lui, appunto, in comunione. Più che uno spot, quello di amica chips è uno “sputo”, come quello dei soldati romani a Gesù prima della crocifissione. Non proprio una buona pubblicità per una marca di patatine fritte. Tanto che a rendersene conto sono state per prime le reti televisive che hanno chiesto la modifica dello spot.