Incendi. Spopolamento e abbandono delle terre. Perché in Sardegna i roghi sono dolosi
C'è la mano dell'uomo dietro alla maggior parte degli incendi che hanno devastato mezza Sardegna, con centinaia di ettari andati in fumo e almeno 600 persone evacuate da abitazioni e resort
Gravi danni ambientali con centinaia di ettari di vegetazione distrutti, aziende e coltivazioni devastate a causa dei roghi che domenica scorsa hanno colpito alcune aree della Sardegna. Incendi verosimilmente dolosi, dietro a cui le difficili condizioni metereologiche si intrecciano a motivazioni e tensioni sociali. Un fenomeno che interessa l’isola da decenni, oggi aggravato da insufficienti presidi di controllo in alcune zone, conseguenti a spopolamento e abbandono dei terreni. «Questi atti sono compiuti da gente che non ama la Sardegna, che ha una strategia e che, pur essendo da un lato orgogliosa della propria terra, allo stesso tempo la distrugge - ha detto il vescovo di Nuoro e Lanusei, monsignor Antonello Mura -. È importante puntare sulla prevenzione, anche grazie a tutti gli strumenti tecnologici oggi a disposizione, di cui possono essere dotate le stesse comunità».
Intanto ieri il Consiglio dei ministri ha annunciato un inasprimento delle pene nei confronti dei piromani, con l’aumento possibile delle condanne da 4 a 6 anni. L’annuncio è stato fatto dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha confermato l’origine dolosa dei roghi. «Poi la scarsa manutenzione del territorio o le condizioni climatiche sono fattori concorrenti che sicuramente rendono agevole l'azione dolosa», ha aggiunto.
La natura dolosa è stata accertata dalla Forestale per alcuni roghi divampati nel sud dell'isola e nel Nuorese: sono stati trovati gli inneschi che testimoniano l'azione volontaria da parte, finora, di ignoti - ANSA
L’ipotesi di ritorsioni
Tra le aree più colpite quella di Posada, nel Nuorese, visitata ieri dall’assessore regionale della Difesa dell’ambiente, con delega alla Protezione civile, Marco Porcu. «Le cause di questi roghi sono verosimilmente dolose, vista la dinamica e il numero di focolai - ha spiegato l’assessore -. Peraltro anche se fossero colposi ci troveremmo davanti ad atteggiamenti “scellerati” perché di fronte a gravi condizioni metereologiche come quelle di questi giorni, ancora di più ciascuno di noi deve avere massima attenzione». Dietro il fuoco, fragilità territoriali da ritrovare «nell’abbandono delle campagne e nello spopolamento delle aree interne, con la diminuzione del livello di controllo - continua - . Problematiche di carattere sociale, correlate all’utilizzo dei terreni e, in alcuni casi, a “ritorsioni”, che purtroppo finiscono con il colpire non solo le parti interessate ma anche un patrimonio ambientale che andrebbe tutelato da tutti». Se si guarda da dentro cosa sta accadendo in questo angolo di Sardegna, dunque, le ragioni storiche degli incendi si sommano a fattori contingenti. «Occorrerebbe consentire - continua l’assessore regionale Porcu - il ritorno alle campagne ma anche fare in modo che le comunità locali mettano all’angolo certi soggetti perché per quanto sia possibile indagare, spesso esse conoscono ragioni e persone coinvolte. I sindaci collaborano ma ciò dovrebbe avvenire con maggiore puntualità e, là dove possibile, in modo preventivo». Fermo restando che «tutti i gravi episodi sono connessi a momenti metereologici complicati, volutamente attesi dai soggetti che intendono compiere questi atti». Un’emergenza che nei giorni scorsi «ha visto l’intervento della Protezione civile, del Corpo forestale regionale, dell’Agenzia Forestas, di organizzazioni di volontariato e barracelli, e della flotta aerea regionale, con il supporto del Dipartimento nazionale della Protezione civile, per il quale ringraziamo l’ingegnere Curcio».
In 12mila senz’acqua
In attesa degli esiti delle procedure investigative del Corpo forestale regionale - in campo anche il nucleo investigativo regionale dello stesso Corpo, che sta accertando alcune ipotesi di incendio doloso - e di numeri ufficiali, dalle prime stime di Coldiretti Sardegna, i danni maggiori stanno emergendo nell’area tra Posada e Siniscola per i territori della provincia del Nuorese e Ogliastra, e tra Muravera e Villaputzu, nel Sud Sardegna. In fumo foraggere, agrumeti e vigneti, animali morti, danni a infrastrutture e macchine agricole. «Le aziende agricole e di allevamento hanno dovuto fare i conti ancora una volta con questa piaga che da troppi anni si abbatte sull’isola ogni estate» sottolinea il presidente di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu. Anche per il direttore Coldiretti Sardegna, Luca Saba questi eventi calamitosi «oltre a danneggiare il nostro immenso patrimonio paesaggistico e naturalistico, creano ingenti danni alle nostre aziende già colpite dal cambiamento climatico e gli eventi atmosferici imprevedibili: questo rappresenta un altro importante freno all’economia agropastorale». Particolarmente critica la situazione a Posada, dove oltre 12mila persone - tra cittadini residenti e turisti - sono restate senz’acqua potabile dopo che le fiamme hanno investito il potabilizzatore del paese, spingendo il sindaco Salvatore Ruiu, a emanare un’ordinanza che vieta l’uso di acqua a scopo alimentare e a far arrivare due autobotti per il paese e per la località balneare di San Giovanni. «Nel frattempo - ha assicurato il sindaco - stiamo provvedendo a ripristinare la funzionalità del potabilizzatore ma non sappiamo ancora quando sarà possibile riavere l’acqua potabile».