Il caso. Consulta: la legge Spazzacorrotti non può essere applicata in modo retroattivo
Il palazzo della Corte Costituzionale a Roma
L'applicazione retroattiva della Legge Spazzacorrotti è illegittima. Lo ha stabilito la Corte costituzionale facendo in particolare riferimento al divieto di misure alternative e ai benefici penitenziari per chi è condannato per alcuni reati contro la Pubblica amministrazione.
La norma presa in considerazione ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4 bis dell'Ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione. La Consulta ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge Spazzacorrotti. Però la Corte ha dichiarato che questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna.
Secondo la Corte, infatti, l'applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione.
La Consulta quindi non ha dichiarato incostituzionale la legge Spazzacorrotti, in quanto si è pronunciata unicamente sulla sua applicazione in senso retroattivo. Ha chiarito che il divieto di concessione dei benefici penitenziari ai condannati per gravi reati contro la pubblica amministrazione deve valere per i reati commessi in un periodo successivo all'approvazione della legge Spazzacorrotti.
Saranno molti a beneficiare di questa sentenza.
Tra questi, uno dei più noti, è l'ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che potrà rimanere in detenzione domiciliare, senza il rischio che la Cassazione accolga il ricorso della Procura generale di Milano che aveva chiesto che tornasse in carcere, perché l'appello del pg sarà, a questo punto, dichiarato inammissibile. In più, sulla base della "vecchia" normativa che torna a valere per casi come il suo, potrà chiedere più agevolmente «l'affidamento in prova ai servizi sociali», quando la pena residua sarà scesa sotto i 4 anni. Formigoni era stato condannato in appello per corruzione in ambito della Sanità per la vicenda Maugeri-San Raffaele a 7 anni e 6 mesi di reclusione. Pena poi ridotta in Cassazione, il 21 febbraio 2019, a causa della prescrizione a 5 anni e 10 mesi. Così, benché ultrasettantenne, sulla base della "spazzacorrotti" era entrato in carcere il 22 febbraio 2019, dopo la condanna definitiva, e aveva ottenuto i domiciliari dopo 5 mesi.