Il dossier. Slot, Caritas Genova in campo
GENOVA «L’azzardo non è un gioco. Studiato per far perdere, produce povertà e malattia. Se smettessimo?». È la copertina di un dossier rivolto alle famiglie pubblicato sull’ultimo numero del periodico della Caritas diocesana di Genova. Scrive il direttore monsignor Marino Poggi: «Abbiamo bisogno di sapere di 'esserci'. La consapevolezza di avere 'importanza', si può raggiungere nei modi più diversi: dal selfie alla connessione frenetica, dall’informazione in tempo reale alla sfida a se stessi e di qui ogni forma di sfida o primato, come pure la ricerca di denaro ottenuto attraverso la 'fortuna'». Il sociologo Maurizio Fiasco parla di «gioco d’azzardo industriale di massa» che, promosso e dato in concessione dallo Stato, impegnava 88,250 miliardi di euro nel 2015, consumati in scommesse, slot machine, lotterie e casinò on line.
«Per spendere questa cifra colossale – conclude – occorre un tempo 'fisico' di vita pari a oltre 70 milioni di giornate lavorative». «L’azzardo crea una pericolosa dipendenza e manifesta il volto di uno Stato non solo cinico, ma anche poco attento al vero bene dei cittadini», aggiunge don Gianfranco Calabrese, direttore dell’Ufficio Catechistico della diocesi. «La Chiesa – prosegue – non ha mai voluto colpire e colpevolizzare coloro, che per varie ragioni, sono caduti nella piaga e nella dipendenza, ma condannare duramente e smascherare le multinazionali e le società, che attraverso una falsa e tendenziosa campagna di stampa cercano di lucrare su debolezze e necessità delle persone per aumentare il mercato del gioco e il proprio guadagno».
Giorgio Schiappacasse, direttore del SerT Ponente della Asl 3 genovese lo definisce una nuova forma di «inquinamento e avvelenamento ambientale ». E se, fino a qualche tempo fa «veniva vissuto come un vizio, in anni più recenti, è divenuto una vera e propria dipendenza» dice invece Cristiana Busso, psicologa del SerT Centro Levante. Busso parla dei gruppi di autoaiuto specifici per i dipendenti dal gioco d’azzardo «ispirati alla metodologia dei Dodici Passi, programma di auto aiuto, derivato dagli Alcolisti Anonimi» e ricorda che il gioco compulsivo «è una malattia progressiva che non può essere curata definitivamente, ma che può essere fermata».