Governo. Conte rimuove Siri, ma niente crisi. La resa dei conti sarà sull'economia
Il leghista Armando Siri, che ha presentato dichiarazioni spontanee ai pm in mattinata e presentato una memoria, è stato rimosso da sottosegretario ai Trasporti in un Consiglio dei ministri dal clima surreale. L'informativa con cui il premier Giuseppe Conte ha presentato il decreto di revoca che invierà oggi stesso al Colle è durata 30 minuti ed è stata squisitamente politica, ancorata a motivi di opportunità e credibilità del governo. Ne è seguito un teso confronto con Salvini e Di Maio sugli scudi, ma senza arrivare a un punto di irreparabile frattura. «Le colpe vanno dimostrate», ha incalzato il ministro dell'Interno.
«Se facciamo come gli altri non siamo più credibili», ha replicato Di Maio. 'Avvocato difensore' di Siri é stata il ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, all'accusa invece il Guardasigilli Alfonso Bonafede. Superato molto faticosamente e solo temporaneamente il nodo, il leader della Lega ha ribadito «la fiducia in Conte» e «la difesa di Siri», ha chiesto di abbandonare le "chiacchiere" e con i ministri del Carroccio ha iniziato un tambureggiante assalto su flat-tax e Autonomia regionale, chiedendo agli esponenti M5s i motivi delle loro resistenze nonostante gli accordi certificati dal contratto di governo.
«Non se ne parla ora di Autonomia - hanno replicato i ministri M5s -, le inchieste dimostrano che nelle Regioni c'è corruzione». Mentre sulla flat-tax è Conte a ribattere che «se ne riparlerà al momento opportuno», ovvero a ridosso della manovra d'autunno. Anche i ministri M5s tentano in Cdm di stringere la morsa su temi sgraditi alla Lega, chiedendo un'accelerazione su salario minimo e nomine nella Sanità. Una guerra di posizionamento e di propaganda senza però testi reali sul tavolo del Cdm.
Nessuna crisi di governo inerente il caso Siri, quindi. E nessuna conta, nessun voto dei ministri sul decreto di revoca, che avrebbe reso pubblica la spaccatura. Ma, al contempo, sono stati messi sul tavolo dalla Lega i pretesti di una eventuale crisi successiva al voto europeo: fisco e Autonomia, appunto. I due temi che, insieme alla Tav, agli occhi di Salvini hanno lo giusto spessore per innescare una vera separazione da M5s. Ma sono discorsi rinviati a dopo il 26 maggio, alla luce anche delle difficoltà economiche del Paese certificati ieri, per l'ennesima volta, dall'Unione europea (e in mattinata lo spread con i titoli tedeschi ha toccato i 270 punti).
Intanto è chiaro il rumore di fondo su cui si svolgerà l'ultimo spezzone di campagna elettorale. M5s vuole cavalcate il filone giudiziario, che vede la Lega alle corde non solo per il caso-Siri, ma anche per l'inchiesta milanese che ora vede indagato il governatore lombardo ed esponente del Carroccio Attilio Fontana. La rievocazione di "Tangentopoli" da parte di Luigi Di Maio serve a mettere la Lega dalla parte dei cattivi, insieme ai "nemici storici" Pd e Fi.
E ieri è arrivato anche il consenso di Davide Casaleggio alla linea pentastellata, lanciando una campagna per i "candidati incensurati". Il ritorno ai toni 'antipolitici' di M5s rimette in carreggiata anche Alessandro Di Battista, che riprende la parola dopo l'autoesilio di gennaio a seguito della gaffe dell'incontro con i gilet gialli: "Il problema sono i ladri non i fascisti", dice Dibba.
La Lega sta pagando dazio negli ultimi sondaggi e ha bisogno di invertire l'agenda dell'opinione pubblica. Per certi versi, la rimozione di Siri, benché apra una frattura profonda con l'alleato Di Maio, solleva Salvini e gli consente di organizzare un contropiede sui temi economici. Un contropiede che, dopo le Europee, diventerà un diktat: o la flat tax - di cui proprio Siri é il "padre" - o al voto. Non sembra propenso, invece, Salvini, ad iniziare una guerra con i «magistrati di parte», pensiero che pure aleggia nella testa del ministro dell'Interno e ai vertiti del suo partito. E sulla decisione di Conte presentata in Cdm dice: «Raggi indagata da anni e al suo posto»
Il Cdm é iniziato quasi un'ora dopo l'orario previsto, alle 10.40 anziché alle 9.45. Sin dalle 9.30 Salvini e Di Maio erano a Palazzo Chigi, ma non sono entrati in contatto. E pochi minuti prima del Cdm il leader M5s ha rivolto l'ultimo appello alla Lega perché ottenesse le dimissioni spontanee del sottosegretario. Nulla da fare, Salvini ha voluto che il premier Conte si esponesse e creasse uno dei precedenti su cui poi regolare i conti.
Prima di entrare in Cdm, lo stesso Salvini ha tenuto una riunione riservata con i ministri del suo partito per concordare la linea. E a Consiglio dei ministri in corso, impossibile non osservare l'attivitá social del ministro dell'Interno che sui suoi canali ha postato una foto della figlia e l'agenda dei suoi incontri internazionali. Quasi un segno di "distacco" da ciò che stava avvenendo nella stanza dei ministri. Ma il distacco é finto, perché la seduta si é chiusa dopo oltre due ore e con volti tesissimi.