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Liguria. Signorini tace dai pm. Lo farà pure Toti che apre al confronto con i partiti

Nicola Pini giovedì 9 maggio 2024

Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ora agli arresti domiciliari.

Tace davanti al magistrato il manager Paolo Emilio Signorini così come si appresta ad avvalersi della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di venerdì anche il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. A due giorni dal terremoto giudiziario genovese con arresti e indagati eccellenti, dalle carte spuntano i nomi di altri imprenditori e si delinea oltre all’ipotesi di corruzione anche quella di finanziamento illecito ai partiti: accusa che, riporta l’agenzia Ansa, al momento viene contestata dai pm a Francesco Moncada, componente del Cda di Esselunga e destinatario di una misura interdittiva per corruzione, e a Maurizio Rossi, editore della testata ligure Primocanale perquisito tre giorni fa.

L’indagine della procura di Genova sul sistema politico-affaristico che tra appalti opachi, favori e presunte ”mazzette” coinvolge il porto, il sistema dei rifiuti, le grandi opere e forse pure la sanità ha portato ai domiciliari, oltre a Toti, il suo capo di gabinetto, l’ex sindaco di Portovenere Matteo Cozzani, che risponde di corruzione elettorale con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, e l'imprenditore Aldo Spinelli. Dietro le sbarre è finito invece Signorini, ex presidente dell'Autorità Portuale del mar Ligure Occidentale e poi ad della multiutility Iren che, secondo la ricostruzione dei pm guidati da Nicola Piacente, avrebbe ricevuto circa 500mila euro tra soldi in contanti e pagamenti vari, tra cui 22 soggiorni a Montecarlo con serate al Casinò, fiches comprese, come risulta anche dalle rogatorie avviate dagli inquirenti.

Proprio l'ex “numero uno” del porto di Genova è stato il primo ad affrontare l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Paola Faggioni, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Si è riservato di farlo eventualmente più avanti, dopo l’analisi della mole di documentazione raccolta dai magistrati genovesi, come ha affermato il suo avvocato Enrico Scopesi, mentre per ora la priorità è «risolvere il problema della carcerazione» e quindi sarà chiesta la revoca dei domiciliari. Lo stesso accadrà oggi nell’interrogatorio di Toti, ai domiciliari nella sua casa di Ameglia (La Spezia): «Tutti i denari in entrata e in uscita sono tracciabili, ma ancora non è il momento di parlare con il giudice perché la mole di carte da leggere è molto elevata», ha spiegato il suo legale Stefano Savi. Per quanto riguarda poi il suo futuro politico, «il presidente Toti farà le sue valutazioni e da quello che mi dice sono valutazioni che non possono prescindere da un confronto che potrà essere fatto in condizioni diverse da quelle attuali - ha aggiunto l’avvocato - con tutte le persone che con lui hanno lavorato e con i partiti della sua maggioranza». Un modo forse per dire che di dimissioni si potrà parlare solo una volta fuori dai domiciliari, ma anche che l’ipotesi di lasciare non è del tutto esclusa e sarà presa insieme agli alleati.

Il “terremoto” ligure è infatti sempre seguito con attenzione in Parlamento e a Palazzo Chigi. Nel centrodestra il “garantismo” resta la parola d’ordine ma, con il passare dei giorni, si fa strada la convinzione che il governatore non possa reggere a lungo in queste condizioni. Qualcuno lo dice in chiaro, molti - soprattutto dentro Fratelli d’Italia - a microfoni spenti. «Sulle dimissioni vediamo cosa scaturisce dalle indagini», afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli (Lega). E anche in Forza Italia Giorgio Mulè deve ammettere: «Se un presidente di Regione è agli arresti domiciliari è abbastanza difficile che possa continuare ad amministrare la Regione». Lucio Malan, capogruppo al Senato di Fdi precisa: «Noi rispettiamo il lavoro della magistratura che per adesso ha preso delle misure cautelari». Nel partito di Giorgia Meloni i più non vogliono esporsi: l'inchiesta è pesante e il mantra è fare chiarezza al più presto, per evitare anche che il caso pesi sulle Europee. Ma il ministro Guido Crosetto rilancia le perplessità sulla tempistica degli arresti: «Quando vedo queste cose a un mese dalle elezioni qualche dubbio mi viene». E aggiunge: «Con la logica usata per Toti (a cui non viene contestato alcun vantaggio personale e privato) possono arrestare la quasi totalità dei sindaci, dei presidenti di Regione, dei dirigenti pubblici e, suppongo, anche la maggior parte dei magistrati». Per Antonio Tajani (Fi), Toti «può continuare a lavorare, poi si vedrà». Se la maggioranza va in ordine sparso, il pressing delle opposizioni per le dimissioni si intensifica. «C’è una responsabilità politica, indipendente dalla vicenda personale. È una follia che rimanga lì», accusa il leader del M5s Giuseppe Conte. Per Carlo Calenda (Azione) Toti «non si deve dimettere per le inchieste», ma per «la condotta eticamente inaccettabile». E Maria Elena Boschi (Iv) avvisa: «Noi siamo sempre garantisti, soprattutto con i nostri avversari politici, ma ovviamente c’è un piano di opportunità».

Tra le prossime mosse degli inquirenti, anche la possibilità di sentire come persona informata sui fatti il sindaco di Genova Marco Bucci, sia sulle concessioni dei terminal portuali sia su quelle relative alla grande distribuzione. Tra i vari imprenditori che avrebbero dato una mano finanziando Change e il comitato Toti, secondo i magistrati c’è Pietro Colucci, imprenditore attivo nello smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, già indagato dal 2021 per finanziamento illecito ai partiti. Ora l’accusa a suo carico sarebbe di corruzione, per avere finanziato con 195mila euro il governatore in cambio del «rilascio di autorizzazioni in materia di gestione delle discariche». In corso indagini anche su Luigi Alberto Amico, titolare di una azienda di riparazione e manutenzione di navi. Accuse e ipotesi di reato che restano ovviamente ancora tutte da dimostrare.