Attualità

I dati scientifici. Sigaretta elettronica, confronto aperto sui danni alla salute

Enrico Negrotti sabato 29 giugno 2024

L'utilizzo di sigarette elettroniche è in aumento

Le sigarette elettroniche (e-cig) e i prodotti a tabacco riscaldato sono un’alternativa al fumo tradizionale e una via per accompagnare a liberarsi dalla dipendenza, o sono una diversa ma altrettanto pericolosa abitudine, che può addirittura costituire l’avvio al consumo di tabacco?

Due posizioni differenti, sostenute da medici e studi scientifici, secondo quanto emerso nei giorni scorsi dagli esperti della Società italiana di medicina interna (Simi) e dai dati forniti dal Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo (Cohear, dalla locuzione inglese) di Catania.

A lanciare l’allarme sui danni delle sigarette elettroniche (e-cig) e dei prodotti a tabacco riscaldato è la revisione della letteratura scientifica effettuata da un gruppo di esperti della Simi (Paola Andreozzi, Gualberto Gussoni, Giorgio Sesti, Nicola Montano, Antonello Pietrangelo), soprattutto in relazione ai giovani.

La revisione, pubblicata sulla rivista Internal and Emergency Medicine, riconosce che, di fronte ai danni del fumo e alla difficoltà a smettere, il ricorso alle sigarette elettroniche e ai prodotti a tabacco riscaldato può costituire uno strumento per agevolare la fine della dipendenza.

Tuttavia gli esperti della Simi mettono in guardia da due rischi: il primo sono i danni ai polmoni che comunque appaiono colpire i consumatori di e-cig e tabacco riscaldato; il secondo è il fatto che, grazie ad abili campagne di marketing, questi prodotti si rivelino un fattore che alimenta il numero dei fumatori, attirando in particolare i giovani.

Viceversa gli esperti del Cohear sottolineano la validità dell’utilizzo delle e-cig per ridurre il tasso di fumatori, portando dati provenienti dall’esperienza delle politiche opposte adottate in Australia e in Nuova Zelanda.

La Simi segnala che Bpco e asma sono spesso presenti in coppia nei fumatori e nei pentiti della sigaretta: infatti il fumo è un fattore di rischio per la Bpco e fattore scatenante per l’asma. A fumare è circa un italiano su 4 (quasi uno su 3 nella fascia d’età 18-34 anni) e il numero stenta a ridursi ulteriormente. In più il 35-45% dei pazienti Bpco fuma (solo 1 su 5 non ha mai fumato) e metà delle persone che soffrono d’asma è fumatore attivo o un pentito della sigaretta.

Anche se, puntualizza la revisione della Simi, esistono prove dei potenziali benefici nella transizione dal fumo tradizionale alle e-cig e ai prodotti a tabacco riscaldato, esistono anche prove di una loro intrinseca tossicità e indizi di un ruolo nel favorire l’iniziazione al fumo dei più giovani.

Nel primo ambito i medici internisti segnalano che l’inalazione dell’aerosol delle e-cig può scatenare un’infiammazione delle vie aeree (anche se con minor violenza rispetto al fumo di sigaretta) e che i vapori delle e-cig sono tossici per le cellule (soprattutto nei liquidi molto aromatizzati), ne influenzano la proliferazione e ne alterano la morfologia, in modo simile alla nicotina delle sigarette. Possono inoltre stimolare la produzione di radicali liberi dell’ossigeno, che danneggiano il Dna e riducono la vitalità delle cellule. Oltre ad aumentare la suscettibilità alle infezioni respiratorie ed esacerbare i sintomi di asma e Bpco.

Alla luce di questi dati, preoccupa la Simi il fatto che grazie a design accattivante e all’uso di aromi graditi ai giovani, il marketing riesca a fare proseliti per le e-cig tra le nuove generazioni, favorendo poi un accostamento anche al fumo tradizionale.

I dati Istat segnalano infatti che l’utilizzo di e-cig è in lento ma costante aumento: se nel 2014 erano 800mila le persone con più di 14 anni che le consumavano, nel 2021 erano diventata un milione e mezzo.

Diversa la valutazione dei dati della ricerca Cohear, presentati nei giorni scorsi in una conferenza stampa promossa da Mariolina Castelleone (vicepresidente del Senato) e offerti ai componenti della X commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato e previdenza sociale). Si tratta di un documento di sintesi del No Tobacco Day 2024 sottoscritto da studenti, dottorandi e specializzandi che hanno coordinato l’evento annuale della Giornata mondiale antifumo tenutosi lo scorso 30 maggio presso l’Università di Catania.

«La nostra ipotesi – ha detto Giovanni Li Volti, direttore del Cohear –- è che l’uso dei dispositivi elettronici sia associato a uno score News (l’indice per valutare la gravità di una patologia, ndr) più basso. Valutando i dati dei valori di ammissione, la durata della permanenza in pronto soccorso e gli esiti negativi si può già constatare, come già avviene al pronto soccorso del Policlinico di Catania, un contributo importante alle statistiche relative agli accessi ai pronto soccorso, ai tempi di attesa, al numero di ammissioni e alle specifiche diagnosi del paziente fumatore».

Riccardo Polosa, fondatore del Cohear, ha portato gli esempi di due Paesi dalle politiche differenti per la riduzione dell’incidenza del fumo: «Mentre l’Australia, dedita a politiche di restrizione sui sistemi a rischio ridotto, è costretta a fare marcia indietro sulle proprie posizioni, la Nuova Zelanda, con la promozione dei sistemi senza combustione come strumenti efficaci per la lotta al fumo, ha dimezzato il tasso di fumatori, fino ad arrivare alla quasi eradicazione del problema».

Da un lato quindi la Società italiana di medicina interna sottolinea i rischi del “fumo elettronico”: «Smettere di fumare non è impresa facile – ammette il professor Giorgio Sesti, presidente della Simi – ma l’esame di tutta la letteratura scientifica disponibile dimostra che e-cig e prodotti a tabacco riscaldato sono alternative tutt’altro che prive di rischi. Il loro uso comporta un aumentato rischio di ammalarsi di asma e/o Bpco e di danneggiare la funzionalità dei polmoni, rispetto ai non fumatori. Solo nel caso di un forte fumatore di sigarette tradizionali che non riesca proprio a smettere di fumare, l’impiego di questi prodotti alternativi può trovare una giustificazione, nel tentativo di mitigare il rischio».

Dall’altro il Cohear ne valuta i benefici: «Guardiamo agli esempi virtuosi che hanno portato risultati concreti in termini di contrasto al tabagismo e seguiamo i risultati delle evidenze scientifiche invece delle ideologie» osserva Riccardo Polosa.

«L’applicazione del principio di riduzione del danno come strumento per ridurre il numero di fumatori in Italia – aggiunge Giovanni Li Volti – può incidere fortemente nei costi per il sistema sanitario, soprattutto sulla base delle riforme in atto. Lo studio dell’impatto economico sulla salute pubblica derivante dalla possibile decisione di alcuni fumatori di passare a prodotti senza combustione rappresenta una dimensione non trascurabile che potrà incidere sugli esiti in termini di ospedalizzazioni e costi per il personale sanitario».