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PIANETA ISTRUZIONE. La Sicilia non paga Paritarie a secco

Alessandra Turrisi sabato 19 gennaio 2013
​Un cortocircuito prima legislativo e poi burocratico strozza da mesi le scuole primarie paritarie in Sicilia, che lanciano un allarme corale: «Così rischiamo di chiudere». All’origine di questa situazione c’è l’enorme ritardo accumulato per il pagamento del contributo regionale garantito alle 142 primarie paritarie convenzionate inserito in bilancio nel 2012, per un totale di poco più di 6 milioni di euro.Quanto basta per spingere alcune scuole a dare mandato ai propri legali di diffidare l’amministrazione regionale e annunciare azioni nelle competenti sedi giudiziarie. Così ha fatto l’avvocato Salvatore Crimi, per conto della scuola Maria Ss. Incoronata di Erice, in provincia di Trapani. Ricorda che l’istituto ha stipulato nel 2009 una convenzione, ancora vigente, con la Regione siciliana, nella quale è previsto che la Regione «si obbliga a corrispondere un contributo annuo». «Ad oggi – spiega il legale – sono state disattese e omesse le erogazioni dei contributi riferiti all’anno scolastico 2011/12. Tale comportamento, in palese violazione della normativa in vigore e quale forma di grave inadempimento rispetto alle attribuzioni e funzioni del competente assessorato regionale, è riferibile a tutte le scuole paritarie del territorio regionale e sta compromettendo l’ordinaria amministrazione delle medesime strutture, determinandone inevitabilmente la prossima chiusura». A spiegare cosa sta succedendo sono le associazioni delle scuole cattoliche Fidae e Fism, che seguono da mesi passo passo il complesso iter legislativo e burocratico dei contributi. Il cortocircuito, infatti, è scattato nell’aprile dell’anno scorso, quando con la legge di stabilità regionale, all’articolo 115, i parlamentari siciliani, sollecitati dalle scuole, hanno cercato di porre un rimedio a una disparità di trattamento che si trascinava da sei anni. Quando la legge 27 del 2006 stabilì che potevano avere la convenzione solo le scuole paritarie, e che quelle precedentemente parificate avrebbero dovuto mantenere un contributo non inferiore a quello precedentemente ottenuto, in Sicilia si creò una situazione paradossale, per cui le scuole che erano convenzionate già prima si ritrovarono 19 mila euro all’anno per ogni classe, mentre quelle che erano subentrate successivamente appena 7 mila euro all’anno per ogni corso di cinque classi. Non solo, ma il numero delle paritarie convenzionate triplicò, arrivando a 142 scuole, e il capitolo di bilancio diminuì da 8 milioni a poco più di 6 milioni. «Il Parlamento regionale nel 2012 – interviene Nicola Iemmola, presidente regionale della Fism – si rese conto dello squilibrio e della disparità di trattamento delle scuole e decise di porre rimedio con l’articolo 115 della legge di stabilità approvata ad aprile scorso, in cui si prevede una ripartizione "in maniera uniforme ed eguale"». Ma qui subentra un altro nodo. Occorre un decreto assessoriale o dirigenziale che renda operativa questa norma. Ma nessuno l’ha ancora fatta. «Abbiamo fatto incontri, sollecitato gli uffici, spiegato le ragioni della nostra urgenza, ma non si è mosso nulla – conferma padre Francesco Beneduce, presidente della Fidae regionale –. Siamo tutti in grave difficoltà anche per pagare gli stipendi al personale».Le nuove regole, infatti, sono cadute tra la fine di un governo regionale (quello guidato da Lombardo) e l’inizio di un altro (con l’attuale presidente Crocetta), sono cambiati i vertici dei dipartimenti regionali. Una miscela esplosiva di condizioni ostili alla celerità amministrativa. Le associazioni delle scuole cattoliche ipotizzano che il blocco dei contributi sia dovuto anche allo stop dettato dalla legge di stabilità a una serie di spese. Ma dalla Regione smentiscono questa lettura. La dirigente del servizio Scuole infanzia e istruzione non statali, Angela Varisano, vuole vederci chiaro. «Non c’è stato un blocco, c’è stato un rallentamento – spiega –. Quando sono arrivata ho notato che non era stata data ampia chiarezza e trasparenza nel riparto di queste somme. Credo anche che le convenzioni non debbano avere la durata di nove anni. Sto preparando una bozza di decreto che disciplini questo contributo e un modello operativo per regolamentare la rendicontazione di queste somme, finora inesistente». Sui tempi, però, non c’è alcuna certezza.