Tanto tuonò che piovve. Per una regione arsa come la Sicilia non è, però, una buona notizia. A piovere è, infatti, una lettera del presidente del Consiglio Mario Monti nella quale viene chiesto al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, «conferma dell’intenzione, dichiarata pubblicamente, di dimettersi il 31 luglio». Il capo del governo centrale ha preso l’iniziativa, « facendosi interprete delle gravi preoccupazioni riguardo alla possibilità che la Sicilia possa andare in default a causa del proprio bilancio», si legge in una nota di Palazzo Chigi. Nella quale si sottolinea anche che «le soluzioni che potrebbero essere prospettate per un’azione da parte dell’esecutivo non possono non tener conto della situazione di governo a livello regionale ma anzi devono essere commisurate ad essa, in modo da poter utilizzare gli strumenti piu efficaci e adeguati».Immediata la richiesta dello stesso Lombardo (che è indagato a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa) di un incontro a Palazzo Chigi, che è stato fissato per martedì 24. Già ieri al telefono, però, ha voluto rassicurare Monti sul fatto «che gli rassegnerò formalmente tutti gli elementi utili a dimostrare la sostenibilità della finanza regionale. E che gli parlerò anche della scelta di dimettermi».I tuoni che nei giorni scorsi avevano fatto presagire il temporale sono molti. Il numero due di Confindustria Ivan Lo Bello l’altroieri aveva lanciato l’allarme sul possibile «fallimento», visti i bilanci dell’Ars, e aveva evocato lo spettro Grecia. Il giorno prima il segretario regionale dell’Udc, Gianpiero D’Alia, capogruppo del partito al Senato, aveva annunciato una mozione parlamentare per chiedere il commissariamento dell’amministrazione isolana. Sabato scorso dall’Unione europea era arrivata una mazzata: sospesa l’erogazione dei fondi per circa 600 milioni. La misura sarebbe stata presa dall’ufficio del Commissario agli Affari regionali, Johannes Hahn, per le «gravi carenze» riscontrate nella «gestione e nel sistema di controllo dei programmi operativi».Insomma, un pirandelliano caos. O meglio un intrico alla Sciascia, visto che l’ipotesi di commissariamento - che molti intravedono dietro le parole di Monti - passa per lo statuto speciale. E sarebbe un inedito. La Carta siciliana lo prevede solo in caso di «gravi e reiterate violazioni» della stessa. Fonti pidielline a Strasburgo spiegano che Monti avrebbe compiuto il passo, trovandosi di fronte a spese su cui non riesce a incidere. Come anche per altre Regioni a statuto speciale. Visto che in Spagna Mariano Rajoy sta commissariando le regioni in crisi, e vista la stretta dei rubinetti da Bruxelles il tutto potrebbe rientrare in una strategia europea.Forse. Ma intanto la polemica scoppia nel triangolo più a Sud dello Stivale. La sollecitazione di Monti è stata definita di «forma inusuale e anomala» dal presidente dell’Ars Francesco Cascio. Gli assessori all’Economia e alla Sanità di Palazzo dei Normanni rigettano le prognosi di default (vedi box). E vi vedono un attacco all’autonomia. L’esposizione complessiva, certificata giorni fa dalla Corte dei Conti è di 5,3 miliardi. Un debito «destinato a salire ulteriormente». L’indebitamento, insiste D’Alia, è di ben 21. Dunque «grazie» a Monti per un intervento che «può contribuire a evitare il default» e «consentire di preservare i fondi europei».Apprezzamento arriva da più parti. Non ci sta Fli. Che con Carmelo Briguglio, deputato e coordinatore regionale dei finiani, è particolarmente duro, parlando di «inelegante quanto palese imbeccata di lobby politiche e industriali», che vogliono impedire il voto e di «gaffe istituzionale» da parte di Monti.