Richetti. Il senatore del Pd: «Si lavori su 10 punti per un governo del bene comune»
«No a un esecutivo purché sia, come hanno fatto Di Maio e Salvini. Serve un patto alla tedesca, circostanziato. Il Pd sia parte attiva. Entri nel merito dei problemi degli italiani»
Tempo di riflessione nel Pd. «I toni di Salvini martedì erano da discorso del bivacco. Lo stesso disprezzo del duce, i termini usati..., 'vi vedo abbronzati', cose che vanno dritte al rancore della gente. Ha utilizzato l’antipolitica a fini di tattica elettorale. Ormai ha dato le spalle alle regole della democrazia. Un gioco cinico, pericoloso». Matteo Richetti, senatore dem e membro della Direzione, non nega una forte preoccupazione per la deriva del Paese.
Allora cosa è meglio fare? Ha ragione Renzi o è meglio il voto subito come dice Zingaretti? O il lodo Bettini?
Non è mia abitudine commentare i colleghi di partito. Il Pd parla troppo di persone e poco di Paese. Non mi appassionano le conte, da cui resto sempre fuori. Questi tatticismi hanno contagiato anche il Pd, dove anche alcuni dirigenti lanciano hashtag per sventare accordi con i grillini e poi diventano tifosi dell’accordo. Così anche Fi, che era un partner di opposizione e ora definisce il Pd il «partito di Bibbiano»: la politica ha rinunciato alla coerenza in favore di ciò che rende in termini di consenso.
Ma se è preoccupato, cosa ritiene più utile?
Sarà necessario votare nel momento in cui il capo dello Stato, da uomo con alto senso delle istituzioni, avrà verificato l’impossibilità di costruire maggioranze parlamentari che danno vita a un governo. Non c’è da inventare nulla. Bisogna però capire ora se ci sono queste condizioni. Tenderei a problematizzare i ragionamenti. In maniera imbarazzante si è passati dai 'senza di me' al siamo pronti subito. Mi sembra che la discussione debba essere più articolata. Si può tentare la costruzione di un governo, ma non ad ogni costo. Non servono operazioni ad alto tasso di ambiguità.
Di legislatura o di scopo?
Se il M5s si è convertito a politiche che sostengo- no l’industria, la manifattura, l’occupazione, se si è convertito all’importanza della scienza rispetto ai no vax, se abbandona il giustizialismo... allora bene, ma non sono questioni da poco. Se M5s capisce che l’impostazione utilizzata fin qui si è rivelata fallimentare è una cosa, ma se è ancora no Tav, no Tap, no tutto...
Ma questo lo diceva già Salvini.
Guardi, con Salvini hanno litigato senza che nessuno abbia capito perché. Conte ha detto sì alla Tav, i grillini hanno presentato una mozione in Parlamento per non fare la Tav, e Salvini che ha vinto quello scontro ha detto 'si va a casa': siamo all’apoteosi del surreale e non si sa perché M5s ha presentato quella mozione. Se dobbiamo ripartire dalla Tav, allora è inutile anche sedersi.
Lei da che cosa partirebbe?
Presentiamo dieci punti di programma alla tedesca, definiti, con politiche del lavoro, sussidi alle imprese ed emergenza ambientale. Si può prevedere un’Iva che aumenta in maniera selettiva per le attività inquinanti e si abbassa per le economie green. Un programma di politiche ragionate, non come fatto finora. Penso al riordino dell’accesso alle professioni: oggi ci sono ragazzi italiani che non possono esercitare professioni per un sistema di esami di Stato che è una truffa a cielo aperto. Giustizia fiscale, politiche familiari, fine della guerra all’Europa: immagino dieci punti così per un governo del bene comune. Se invece tentiamo un’operazione politicista per scansare la vittoria di Salvini, è la cronaca di una morte annunciata. Questo deve essere molto chiaro al Pd.
'Governo del bene comune' è la formula usata anche dal senatore del M5s Di Piazza su Avvenire. Un governo di programma, quindi: di tecnici o politici?
Penso a un governo fatto di politici o personalità terze autorevoli. Penso basta incompetenti o fedelissimi del capo. Ci sono grandissime personalità in parte del mondo politico, in parte delle professioni o del mondo accademico. Ma siamo ancora molto lontani da un’ipotesi alternativa.
Il Pd rischia di spaccarsi?
Il Pd è fermo, immobile. Non si vede proposta. Pensano di cavarsela con qualche frase vuota che contenga le parole 'unità, comunità, rinnovamento'. Ho paura che le posizioni del Pd siano riassumibili così: chi è fuori dal Parlamento vuole entrare e chi ci sta non vuole uscire. Ho trovato fastidioso il passaggio di mano in mano dei sacchetti di pop corn. Vorrei che il Pd cercasse di essere protagonista, di dettare l’agenda. Vorrei che la risposta sì o no al governo non fosse per la coerenza ai tweet, ma per un governo che sostenga famiglie e imprese, uscendo dalla becera tattica che ha come unico argomento la riduzione del numero dei parlamentari. Ecco, non mi pare questa la priorità dell’Italia. Siamo alla demagogia.