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Coronavirus. Si consegnano 2 evasi dal carcere di Foggia. Positiva detenuta a Lecce

Antonio Maria Mira venerdì 13 marzo 2020

Il carcere di Foggia subito dopo l'evasione, conseguenza della rivolta legata al coronavirus

Scendono a quattro i detenuti ancora liberi tra i 62 evasi lunedì dal carcere di Foggia nel corso delle rivolte che hanno intressato decine di istituti penitenziari. Ieri si sono costituiti in due. Il primo a costituirsi nel carcere di Foggia è stato il macedone 44enne Sahmir Memed. Più noto è Ivan Caldarola, 21 anni, il figlio minore di Lorenzo, boss del quartiere Libertà di Bari. Il giovane si è presentato negli uffici della Questura barese accompagnato dall'avvocato e dalla madre, Monica Laera. Quest'ultima è imputata in un processo in quanto ritenuta responsabile dell'aggressione alla giornalista Rai, Maria Grazia Mazzola, avvenuta a Bari nel febbraio 2018.

Ivan Caldarola si trovava in custodia cautelare in carcere, in seguito all'arresto per danneggiamento, tentata estorsione aggravata, porto e detenzione di armi avvenuto nel dicembre 2018. Lui e altri sei coetanei, tutti poi sottoposti a fermo, avrebbero tentato una estorsione ad una ditta di onoranze funebri nel quartiere Libertà e, al rifiuto del titolare, avrebbero incendiato il locale. Qualche settimana dopo, poi, avrebbero esploso colpi di arma da fuoco contro un circolo ricreativo dello stesso rione. Il processo con rito abbreviato per questi fatti si sarebbe dovuto celebrare il prossimo 17 marzo, ma l'udienza sarà rinviata d'ufficio l'emergenza coronavirus.

Mancano ancora all’appello Cristoforo Aghilar, 36 anni di Orta Nova, in carcere per l'omicidio della madre dell'ex fidanzata e Francesco Scirpoli, esponente della mafia garganica, accusato di un assalto ad un blindato a Bollate in provincia di Milano nel 2016. Gli altri detenuti ricercati sono il sanseverese 31enne Angelo Bonsanto ed il cerignolano 48enne, Matteo Ladogana. Nel corso dell'interrogatorio davanti al gip del tribunale di Foggia, Armando dello Iacovo, alcuni detenuti che erano evasi hanno dichiarato di essere stati trascinati dalla folla, mentre altri hanno detto di essere scappati per paura di essere contagiati. Inoltre un detenuto ha dichiarato di essere fuggito per andare a trovare i genitori anziani. Dichiarazioni che sono state ritenute pretestuose dal magistrato che ha accusato tutti di evasione aggravata, confermando gli arresti.

Intanto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha firmato un decreto col quale anticipa eccezionalmente, in considerazione dell'emergenza Coronavirus, la conclusione del periodo di formazione per gli allievi agenti della polizia penitenziaria.

Così oltre mille e cento nuovi agenti raggiungeranno presto la loro sede di destinazione negli istituti penitenziari. L’accelerazione voluta dal Guardasigilli permetterà di immettere un rilevante numero di poliziotti penitenziari negli istituti: risorse giovani, in grado di contribuire ad innalzare il livello di sicurezza e dare ossigeno al sistema penitenziario, specialmente in questo delicato momento di emergenza sanitaria per il Paese.

Il Ministero ha anche assicurato che si sta lavorando incessantemente per tutelare la sicurezza e la salute di chi lavora e vive all’interno delle carceri.

E arriva la notizia che una donna detenuta nell'istituto penitenziario femminile di Lecce è risultata positiva al test del coronavirus ed è stata scarcerata per essere trasferita nel reparto di Malattie infettive del Fazzi di Lecce dove ora è ricoverata. La conferma arriva dalla direzione del carcere di Lecce che spiega: la donna non ha avuto contatti "nè prima nè dopo l'insorgenza" dei sintomi dell'infezione.

Dal carcere si specifica che la donna è arrivata nell'istituto di pena, assieme alla figlia di un anno, lo scorso 7 marzo quando era "già in atto il protocollo operativo" anti contagio e che, quindi, "è stata posta in isolamento cautelativo, in camera individuale". Solo qualche giorno dopo, la donna ha iniziato a manifestare i sintomi della patologia "riferendo solo in quell'occasione di essere entrata in contatto con i soggetti residenti nelle zone focolaio della provincia milanese. Di conseguenza - conclude la nota - sono stati allertati i servizi sanitari interni e la vigilanza medica". Al termine delle cure, la donna sarà posta agli arresti domiciliari.