Le critiche del Pdl-Lega (ma anche del Pd) alla sua proposta di "governo di armistizio", gli confermano «l’idea di essere nel giusto». Intervistato ieri sera in diretta da Enrico Mentana per il Tg di
La7, il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini non ha nessuna intenzione di mollare la presa e, anzi, rilancia la sua proposta di governo di responsabilità, avanzata domenica scorsa a Milano.Agli atti, però, la sua proposta ha collezionato soprattutto dei no. Lega e Pdl sembrano tutt’altro che entusiasti. Casini dice di esserne consapevole: «È la dimostrazione – argomenta – che la classe politica è inadeguata. Dovrebbe pensare non alle prossime elezioni, ma alle prossime scadenze dell’Italia, un’Italia che rischia di andare a fondo». Eppure, nota, «c’è qualcuno nel Pdl che mi chiede persino di fare autocritica. Hanno la sindrome dell’autosufficienza? Contenti loro...» E chiosa: «Se sono contenti loro, non sono affatto contenti i cittadini». E i problemi rimangono là: crisi economica, rifiuti a Napoli, e così via. «Lo status quo non è più in grado di governare l’Italia». Cosa succederà, allora, il 14 dicembre in Parlamento? Se le cose restano così, se Berlusconi pensa di andare avanti come nulla fosse, lo farà senza i voti dell’Udc. «Siamo un partito di opposizione e il 14 dicembre – annuncia Casini – non voteremo la fiducia...». Mentana lo interrompe e, a scanso di equivoci, gli chiede: «E voterete la sfiducia?» Casini risponde: «Certamente. Ma – aggiunge – tutti parlano del 14, nessuno del 15». Perché, è il suo ragionamento, anche se il governo riuscisse a strappare la fiducia in entrambi le Camere, sarebbe comunque un «governo del tirare a campare», non è quello di cui il Paese ha bisogno. Un Paese in cui «sindacati, imprenditori, ambienti responsabili chiedono uno scatto». Mentre un governo «con pochi voti di fiducia che fa? Tira a campare? Auguri», afferma il leader centrista, ribadendo la sua proposta: «Berlusconi dovrebbe andare a dimettersi in ogni caso e chiedere alle forze responsabili di partecipare ad una fase diversa nella vita del nostro Paese. Non lo farà? È lui che deve decidere».Ma, avverte, «le elezioni sarebbero per Berlusconi una ammissione di sconfitta, il premier che getta la spugna, visto che è partito con una maggioranza di cento voti». Senza contare che, con la situazione economica internazionale, «con i rischi per l’Irlanda, per il Portogallo e forse anche per la Spagna, andare alle elezioni, con sei mesi di blocco del Parlamento e di campagna elettorale, sarebbe una scelta di pura irresponsabilità».Parlando a Milano, domenica scorsa, Pier Ferdinando Casini aveva fatto una apertura di credito al governo: «Se vogliono cambiare, ci siederemo al tavolo, ma ci aspettiamo fatti, non chiacchiere». Spiegando: «Gran parte del mondo centrista ci chiede di andare al governo per senso di responsabilità. Io dico che non possiamo permetterci di sederci sulla riva del fiume perché il cadavere che passa non è quello di Berlusconi, ma quello dell’Italia. Noi possiamo aiutare gli altri solo a condizione che le cose cambino davvero». Conclusione: «Questo governo non ci piace e non ci convince, non ci piace l’egemonia della Lega e non ci fidiamo delle promesse di Berlusconi. Deve nascere qualcosa di nuovo».