Analisi. Cemento, liti e piogge. Così si allaga Milano
Ma concentriamoci sul primo e sull’alluvione che ha devastato la zona nord, causando danni gravissimi (anche alla sede di Avvenire). Un’emergenza che viene da molto lontano. È dal 1964 che il Seveso esonda in maniera più o meno rovinosa: inondazioni figlie della cementificazione selvaggia del territorio e dell’uso improprio che da anni si fa del letto del fiume.
Il primo tentativo di trovare un rimedio risale agli stessi anni ’60 con la progettazione di un canale scolmatore in grado di deviare parte delle acque ed evitare lo straripamento. La realizzazione non fu facile dovendo battere la resistenza dei paesi interessati ai lavori. Ma l’opera, una volta compiuta - siamo negli anni ’80 - si dimostrò subito inadeguata. La sua portata è di 30 metri cubi al secondo quando ne servirebbero almeno 50. Risultato: le piene e le esondazioni sono continuate senza tregua. E senza guardare al colore delle giunte che si sono succedute a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano. Bianchi e rossi, azzurri e verdi: tutti prima poi sono inciampati - o meglio sono caduti - in una piena del Seveso. Nell’ultimo decennio, poi, si è aggiunto un oggettivo cambio delle condizioni metereologiche. I temporali violenti e carichi di pioggia si sono rivelati la norma più che l’eccezione e l’acqua si è abbattuta su un territorio il cui consumo di suolo è cresciuto senza tregua. Il risultato è quanto accaduto sabato pomeriggio: un fiume di acqua sporca è uscito dai tombini e si è allargato sempre più fino a mandare in tilt anche i quartieri fino all’Isola e le linee della metropolitana. La nuova soluzione si chiama vasche di laminazione. Il primo progetto prevedeva la costruzione di un grande invaso nel comune di Senago. Poi, un nuovo piano presentato dalla Regione, ha portato a tre il numero dei grandi contenitori cui si se ne dovrebbero aggiungere altri due di minore portata. Facile immaginare la reazione dei comuni interessati. Proteste, sollevazioni, minacce di ricorrere al Tar. Gli amministratori milanesi e regionali hanno fatto la faccia feroce e promesso che questa volta andranno avanti. In attesa del 2016 non resta che sperare. E tenere d’occhio il Lambro...