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Riforma della giustizia. Severino: «Reprimere si deve ma la corruzione va prevenuta»

Danilo Paolini venerdì 15 novembre 2019

Saranno ricevuti in udienza privata da papa Francesco, oggi a mezzogiorno, gli oltre 600 esperti, penalisti e rappresentanti delle istituzioni provenienti da tutto il mondo riuniti da ieri e fino a domani all’Università Luiss di Roma per il XX Congresso dell’Associazione internazionale di Diritto penale. Si discute di lotta alla corruzione, diritto alimentare, tutela dei diritti umani e dell’ambiente, nuove tecnologie e regolazione dei mercati, diritto d’impresa. «La lotta alla corruzione non si può fare prescindendo dalle imprese, è una lotta a favore delle imprese», ha detto ieri alla Luiss Raffaele Cantone, magistrato e già commissario Anticorruzione.

«Futuro e speranza». Può suonare strano, ed è senza dubbio inatteso, definire così l’orizzonte ideale del Congresso internazionale degli esperti di diritto penale, che quest’anno si tiene all’Università Luiss di Roma. Eppure Paola Severino –professore e avvocato di fama, già ministro della Giustizia e oggi vicepresidente dell’ateneo, di cui è stata anche rettore – non ha dubbi: «Dobbiamo dare una speranza ai giovani, anche attraverso le norme di regolamentazione dell’economia e l’attenzione verso un nuovo diritto».

Il diritto penale deve cambiare al tempo della globalizzazione, della crisi economica, delle grandi migrazioni e dei cambiamenti climatici?
Indubbiamente. Molti vedono la globalizzazione come un pericolo e di certo può esserlo, nel senso che molte cose sono cambiate e cambieranno: l’economia digitale avanza, il piccolo negoziante può avere giustamente timore di chiudere perché sopraffatto dalle varie piattaforme. E però anche a lui dobbiamo dare una speranza. Credo si debba parlare di una riconversione epocale, dobbiamo regolamentare nuovi settori finora inesplorati. Per questo c’è bisogno di formare giovani giuristi per l’economia, l’impresa e il diritto di domani.

Si parla molto di sostenibilità. È un concetto che riguarda anche il diritto?
Certo, perché il diritto e l’economia ormai vanno di pari passo. Anche le norme devono essere ispirate a criteri di sostenibilità: ambientale e umana.

C’è però qualcosa che sembra non cambiare mai: la corruzione. Il suo cognome è legato a una nota legge in materia. A distanza di sette anni che bilancio ne fa e quanto c’è ancora da fare su questo fronte?
Intanto diciamo che altre norme, varate anche da altri governi, sono seguite a quella legge. In ogni caso, il bilancio preferisco non farlo io ma affidarlo alla comunità internazionale: tre anni fa sono stata nominata rappresentante della Presidenza dell’Osce (l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ndr) per la lotta alla corruzione e quando vado all’estero vedo, talvolta con stupore, quanto apprezzamento c’è per l’Italia e per le leggi che è riuscita a darsi in questa materia. Al punto che molti paesi che stanno cercando di sviluppare il proprio tessuto di legalità ci chiedono consigli. Soprattutto sulla parte più innovativa della legge anticorruzione, quella relativa alla prevenzione. La nuova frontiera del diritto penale e del giurista è proprio la prevenzione. La repressione e la sanzione servono, bisogna punire severamente la corruzione, ma non possono essere i soli strumenti del penalista.

Ma come si fa a prevenire la corruzione?
Costruendo una nuova logica, anche d’impresa, in cui la prevenzione rappresenti un valore, anche economicamente apprezzabile. L’obiettivo deve essere la competizione sana tra le imprese, le sole che dovrebbero avere le carte in regola per accedere al mercato globalizzato. Questo richiede un grande sforzo da parte della comunità internazionale: dotarsi di regole comuni e armonizzare le legislazioni, eliminando situazioni di disparità e "porti franchi" per la criminalità.

In Italia la lunghezza dei processi continua a essere una delle principali cause di denegata giustizia. Non sarebbe meglio incentivare i riti alternativi al dibattimento?
Sì, assolutamente. Esistono dati recenti che confermano la bontà di questa scelta, per esempio nelle controversie clienti-banche: solo l’1% di coloro che sono ricorsi all’"arbitro bancario" ha poi deciso di andare davanti al giudice. Per le imprese, poi, bisognerebbe implementare il ricorso al "Tribunale delle imprese": avere giudici specializzati garantisce decisioni più celeri e omogenee.

All’inizio del prossimo anno dovrebbe entrare in vigore il blocco dei termini di prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado. Come valuta questa riforma?
Penso che andrebbe accompagnata da una riforma del processo, altrimenti si rischia di ottenere un allungamento dei tempi anziché una diminuzione.

Alla fine del suo mandato da ministro Guardasigilli lei disse ad Avvenire di voler lasciare idealmente un messaggio ai suoi successori: «Non dimenticatevi del carcere». Forse quel bigliettino è andato perduto...
Il problema è che a cambi di normativa corrispondono conseguenze nella situazione delle carceri, che resta grave. Perciò occuparsi di carcere è fondamentale. Ora cerco di farlo da vicepresidente della Luiss: con il "progetto legalità" i nostri studenti vanno nelle scuole delle zone più disagiate e nelle carceri minorili, è lì che bisogna gettare i semi della rieducazione. E, una volta usciti dall’istituto, diamo ai giovani ex detenuti la possibilità di avere borse di studio per l’università.

Oggi sarete ricevuti in udienza da papa Francesco. Che cosa si aspetta da questo incontro?
Mi aspetto qualcosa di grande e di sorprendente, come sempre accade quando s’incontra papa Francesco. Lo incontrai per la prima volta quando era Pontefice da pochi giorni e io ancora per poco ministro: fu al carcere minorile di Casal del Marmo, un’esperienza straordinaria. Sono sicura che oggi sperimenteremo quella stessa profondità di parola e di pensiero. Un messaggio che, come esperti di diritto penale, contiamo di portare in tutto il mondo.