Attualità

INTERVISTA. Il ministro Severino: «Pene alternative, che occasione persa»

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 10 gennaio 2013

«Quando si visitano luoghi come San Vittore o Poggioreale e si vede coi propri occhi la sofferenza di chi vi è detenuto, ci si rende drammaticamente conto di come ogni giorno dietro le sbarre sia una sofferenza in più. Il mio avvilimento dopo la sentenza della Corte di Strasburgo è dovuto a questo: sapere di avere affrontato il problema di quelle persone, di averlo avviato verso la soluzione ma di non averlo definitivamente risolto, perché occorre dell’altro tempo...». Parte da qui, l’intervista col ministro della Giustizia, Paola Severino, che a fine legislatura traccia un bilancio degli interventi fatti per alleviare la grave situazione in cui versano 65mila detenuti, di quelli «non realizzati perché il Parlamento aveva forse qualche altra legge più importante da approvare» e di quelli «che si possono ancora fare». Un paio, non decisivi ma fortemente simbolici, li porterà a compimento lei stessa, prima che l’orizzonte della legislatura volga al termine: «Un mio rammarico è stato il taglio dei fondi destinati al lavoro per i detenuti, che abbassa notevolmente il rischio di recidiva. Restano per ora solo 16 milioni di euro, ma mi sono impegnata affinché tale cifra venga interamente destinata a questo scopo, prima che io lasci via Arenula».E l’altro, ministro Severino?È la prossima inaugurazione del carcere di Arghillà, circa 300 posti, in provincia di Reggio Calabria. La stampa l’ha giustamente portato ad esempio di dispendio di denaro pubblico senza alcuna utilità. È uno di quei casi di nuove strutture penitenziarie dove, per carenza di una strada o di un impianto elettrico a norma, l’apertura non era possibile. Quegli ostacoli sono stati risolti e spero di poterlo inaugurare nei prossimi giorni.E cosa accadrà di altri penitenziari "minori", tuttora chiusi?Bisogna ragionare in termini di costi-benefici, come si è fatto per i piccoli tribunali. Per restare in Calabria, a Laureana di Borrello, ce n’è uno dotato di circa ottanta posti , chiuso da alcuni mesi: ospitava una ventina di detenuti, con costi di mantenimento assolutamente sproporzionati. Secondo il Dap, se portato alla sua effettiva capienza, potrà essere dotato di una quarantina di addetti e funzionare a pieno regime.E gli interventi di edilizia carceraria, previsti dal Piano varato nel 2010? Come procedono?Nonostante gli stanziamenti originari siano stati decurtati di 228 milioni di euro, il piano è stato rimodulato per consegnare entro il 31 dicembre 2014 11.700 posti letto, ossia 2.273 in più rispetto al progetto precedente: già nel 2012 sono stati consegnati 3.178 nuovi posti, ai quali se ne aggiungeranno 2.382 entro giugno. Sono stati ricavati grazie a fondi straordinari, ma anche stanziamenti ordinari.Basteranno a risolvere entro un anno il «sovraffollamento strutturale», come chiede la sentenza di Strasburgo?Non è solo questione di realizzare nuovi padiglioni o nuovi penitenziari. La nostra azione, sin da gennaio, si è articolata su tre direzioni: oltre a rimodulare il piano per l’edilizia, abbiamo varato il decreto "salva carceri", per incidere sia sul fenomeno delle cosiddette "porte girevoli" (gli ingressi per soli due-tre giorni), sia sulla durata della pena in detenzione domiciliare (portata da 12 a 18 mesi).Con quali risultati?La popolazione di detenuti è scesa da 68.047 (novembre 2011) ai 65.747 di oggi. Gli ingressi per pochi giorni sono passati dal 27% del totale (nel 2009) al 13% di quest’anno e ben 8.363 persone hanno potuto scontare la pena presso il domicilio. In istituti come Piazza Lanza, a Catania, le porte girevoli sono state quasi del tutto eliminate e i detenuti sono diminuiti di oltre 100 unità, un sesto del totale. Ottimi numeri, ma anche questo intervento da solo non bastava. Così siamo partiti dai disegni di legge presentati in Parlamento e abbiamo scritto il ddl sulle misure alternative.Che però, nonostante il suo impegno, non ha visto la luce. Non è servita neppure la "moral suasion" del Quirinale. Perché?Purtroppo il Senato non ha varato il testo in via definitiva, nonostante il provvedimento fosse stato approvato alla Camera a larghissima maggioranza.Qualcuno dice che avrebbe riguardato un numero basso di detenuti...Nelle stime effettuate dal Dap e riportate dai relatori del provvedimento in commissione giustizia si parla di cifre non trascurabili. E comunque bisogna avere presente come in Italia l’82% delle condanne si sconti in carcere, mentre in Paesi come Gran Bretagna e Francia il 75% delle condanne comporta misure alternative. Perciò, le soluzioni strutturali sollecitate anche dalla Corte di Strasburgo devono portare a un cambio di rotta: il carcere deve essere l’extrema ratio. Questo Parlamento aveva una grande chance e l’ha sprecata. Mi auguro che la prossima legislatura sappia coglierla, considerandola una priorità per il nostro Paese.