Servizio civile universale. Una Giornata che sia esempio per tutti
Bene ha fatto, giovedì scorso, il Consiglio dei ministri a condividere la proposta di istituire una Giornata nazionale dedicata al servizio civile universale, da celebrarsi il 15 dicembre. Mentre attendiamo di conoscere lo strumento legislativo col quale una tale Giornata verrà istituzionalizzata, è importante ricordare soprattutto ai più giovani il perché di questa data. Lo spiegò, tre anni fa, il Presidente Mattarella, ricordando che la Giornata prende «a riferimento il giorno in cui venne promulgata nel nostro Paese – era il 1972 – la prima legge sull’obiezione di coscienza e sul servizio civile, allora sostitutivo dell’obbligo di leva».
E infatti per molti anni sono stati gli obiettori e gli enti a ricordare quel primo, ancorché imperfetto, riconoscimento, ottenuto con le lotte di tanti giovani che preferirono il carcere alla caserma. E anche quando fu ottenuto, non si fermò la lotta per ottenere una legge che non fosse punitiva e restrittiva ma che promuovesse, e non ostacolasse, il diritto ad una difesa alternativa. Ma non si tratta solo di una coincidenza di date.
Ancora Mattarella: «A quei valori di pace, di cooperazione, di difesa non armata della Patria e dei principi costituzionali, il servizio civile ha continuato a ispirarsi nella sua crescita e nell’evoluzione organizzativa e normativa». Ciò significa che, al di là dei vari 'nomi' che il servizio civile ha assunto in questi 48 anni, da sostitutivo ad alternativo, da nazionale a universale, esso ha sempre perseguito i valori della pace e della solidarietà. Insomma, anche se con la sospensione della leva obbligatoria non si può più obiettare al servizio militare, tuttavia non sono venute meno le ragioni di quel 'no' alla guerra e alla violenza, così come le ragioni di quel 'sì' alla costruzione di un mondo più pacifico e solidale.
E che il servizio civile sia intimamente connesso alla pace lo aveva ricordato nel 2009 anche Benedetto XVI quando aveva detto che i giovani del servizio civile appartengono alla «categoria degli operatori di pace» esortandoli ad essere «sempre e dappertutto strumenti di pace». È quello che fanno, ad esempio, i tanti giovani che prestano il loro servizio, insieme ai loro colleghi dei Corpi Civili di Pace, all’estero in situazioni di conflitto o post-conflitto, cercando di dare concretezza all’idea di costruire la pace con le armi della pace e di assumere la nonviolenza come stile di vita, per i singoli e per le comunità. Come gli obiettori di coscienza di un tempo, anche oggi le ragazze e i ragazzi del servizio civile vogliono costruire un mondo non dominato dalla paura della guerra e in cui i rapporti tra gli stati siano regolati più dalla forza del diritto che dal diritto della forza.
Un mondo in cui, come ci ha ricordato papa Francesco nella 'Fratelli tutti', le risorse per le armi e le spese militari siano destinate a progetti di sviluppo. Il che vale anche per il nostro Paese. Un Paese che in questi mesi ha apprezzato quanto il servizio civile sia connaturato a quel dovere di solidarietà che la Costituzione ha inscritto tra i principi fondamentali del nostro essere comunità. È proprio in nome di questo valore che migliaia di giovani si stanno spendendo per cercare di affrontare l’emergenza della pandemia, nei settori e nelle situazioni più diverse che le nostre comunità stanno attraversando.
Non si tratta di supereroi, ma di 'semplici' cittadini che realizzano in questo modo il loro partecipare alla res publica in maniera attiva e responsabile. E che siano dei giovani a farlo è una lezione anche per noi adulti. C’è da augurarsi che da questa giornata in cui ribadiamo l’obiezione ad ogni violenza e la volontà di «servire la patria» con la nonviolenza e la solidarietà, anche la politica tragga lo spunto per valorizzare al meglio queste giovani energie nelle scelte importanti che disegneranno il futuro del nostro Paese.
Responsabile Servizio Civile Caritas Italiana