Calibra le parole, Lorenzo Guerini. Si ferma a riflettere, perché in questa occasione essere fraintesi potrebbe essere devastante. Davanti c’è il film dell’ennesima giornata di scontri di piazza. Né la prima né, probabilmente, l’ultima. «Abbiamo ben presente il disagio sociale che c’è da tempo nel Paese, con le conseguenze della crisi che si fanno sentire sulle famiglie», dice il vicesegretario del Partito democratico. «Gli sforzi che il governo sta compiendo servono a dare risposte pronte ed efficaci. Una legge di stabilità che tra le misure più rilevanti ha la stabilizzazione del reddito con gli 80 euro per 10 milioni di italiani, l’abbattimento dell’Irap, le riforme che vanno fatte in tempi brevi come il Jobs Act».
La piazza non sembra gradire. «Ho grandissimo rispetto per la piazza e per le istanze che vengono rappresentate. Sta a noi ascoltarle, ma non posso non vedere che vi sia chi cerca di strumentalizzare questa protesta, di portare su un terreno politico questa contestazione non della politica del governo, ma del governo stesso e di chi pensa di utilizzare questo disagio del Paese per aumentare la tensione sociale».
A chi si riferisce? Non certo ai sindacati.
In queste piazze spesso c’è una parte di Pd. Ci mancherebbe. Siamo su un altro piano. Non giochiamo con il fuoco. Nel Pd c’è la consapevolezza da parte di tutti della necessità di una preclusione assoluta rispetto a chi usa violenza. Mi riferisco a chi trasforma le manifestazioni in occasioni di violenza. Penso ai movimenti antagonisti, alle frange estreme, a cui bisogna guardare con grande attenzione.
Gli assalti alle sedi del Pd, la scorta al responsabile economico del partito Filippo Taddei sono segnali chiari... Ogni volta che il centrosinistra si intesta un’azione riformista, dentro un dibattito che si apre ci sono frange estremiste che manifestano una potenziale minaccia. È la storia del Paese, di chi ha provato a fare le riforme, specie su certi temi.
E allora mobilitare la piazza può alimentare la tensione? Bisogna essere molto chiari e molto onesti nel definire e presidiare i confini, anche in un dibattito chiaro e aspro. Credo che ci sia bisogno di grande responsabilità da parte di tutti, perché il Paese non ha bisogno di far crescere la tensione sociale.
Non sarebbe il caso che i confini li delimitassero insieme il governo con la Cgil e tutti i sindacati, in un asse contro i violenti? Certo, sarebbe molto utile. I violenti si arginano cercando di usare parole appropriate, calibrando il significato di ciò che si dice e, dentro la dialettica e il confronto anche aspri che ci devono essere, avendo con chiarezza e nettezza un confine invalicabile, ovvero che con i violenti non si deve aver nulla a che fare. In primo luogo chi organizza la mobilitazione.
È stato messo sotto accusa il ministro Alfano... Oggi le conseguenze degli scontri ci fanno essere preoccupati per i feriti ma anche vicini alle forze dell’ordine, chiamate a svolgere un ruolo difficilissimo.
Camusso dice che con il Jobs Act togliete diritti a chi ce li ha. Non è vero, perché le misure della delega fanno riferimento ai nuovi assunti. Poi i diritti vengono estesi dentro un allineamento a quello che avviene negli altri Paesi europei. Fatico a vedere l’oggetto della piattaforma su cui è stata annunciata la manifestazione della Cgil e non credo di essere l’unico. Il dibattito si è eccessivamente centrato sull’articolo 18, mentre la delega è molto più ampia. Si fa una discussione molto simbolica che ha offuscato le misure contenute nella stabilità sul finanziamento degli ammortizzatori sociali, previsti in maniera consistente.
Ma non è chiaro dove reperirete le risorse. Sono stati già stanziati due miliardi, a cui vanno aggiunte le risorse prevista dalla legge Fornero, e a cui vanno aggiunte risorse dalla legge di stabilità, come si vedrà alla fine del percorso della stabilità.
Neanche l’Europa sembra così convinta della risposta del governo alla crisi. Spesso negli osservatori europei sembra che ci sia un pregiudizio nei confronti dell’Italia. Noi vogliamo dimostrare che siamo capaci di andare fino in fondo perché ne hanno bisogno gli italiani. Credo che questo sia importante per la credibilità dell’Italia in Europa.
Anche le riforme istituzionali darebbero credibilità al Paese? Un Paese serio deve avere una legge elettorale in grado di garantire la governabilità senza doversi continuamente confrontare con tutti.
Come sta facendo Renzi... Non è più tempo di estenuanti trattative, ora ci sarà il passaggio parlamentare. Credo ci sia da parte di tutti la consapevolezza dell’urgenza di quello che si deve fare.