Attualità

Partiti divisi. Riforma del Senato, scontro nel Pd

Giovanni Grasso mercoledì 9 aprile 2014
​Non tira aria buona attorno alla riforma del Senato, ma il premier Matteo Renzi ostenta la massima sicurezza. E bolla, in modo un po’ sprezzante, come irrealizzabili tutte le ipotesi di riforma alternative alla sua (che ieri sera è finalmente approdata in commissione al Senato, dopo la firma di Napolitano). «So – spiega il premier al termine del Consiglio dei ministri – che sul tema delle riforme ogni giorno ce n’è una, capisco l’ansia di visibilità nel mio e in altri partiti. Ma al di là del bisogno di dimostrare che si esiste, lanciando ipotesi non realizzabili, confermo tutti gli impegni che ci siamo presi». E promette: «Entro il 25 maggio il Senato batterà il primo colpo sulla riforma del bicameralismo e del titolo V, compresa l’eliminazione del Cnel e di "rimborsopoli"». Ma stavolta i problemi per la riforma del Senato non vengono tanto e solo dall’interno del Pd, quanto da Forza Italia. Nonostante le dirette rassicurazioni di Berlusconi a Renzi, nel principale partito di opposizione c’è una voglia matta di cambiare il testo della riforma, anche per impedire che il premier possa inalberare lo scalpo del Senato prima delle elezioni europee. Ecco cosa dicono in Forza Italia. Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato: «Renzi fa il ganzo, chiede tempi record in Parlamento, ma non siamo alla Ruota della fortuna. Dobbiamo cambiare l’Italia». Aggiunge Paolo Romani, mettendo in crisi uno dei pilastri del Senato versione Renzi, quello dell’elezione indiretta: «Un’assemblea di sindaci per di più non eletti dai cittadini per questo ruolo non può determinare per la Repubblica delle scelte importanti». Infine, Giovanni Toti, considerato il "ventriloquo" di Berlusconi, mette sul tavolo il carico da 11: «Il ddl del governo Renzi molto brutto, così come è francamente ci sembra poco e male». Non c’è la volontà, almeno a parole, di sfilarsi dal patto del Nazareno. Ma la richiesta è quella di inserire modifiche: «Sediamoci attorno a un tavolo e discutiamone», conclude Toti.Il fronte che chiede modifiche alla bozza licenziata dal governo è dunque piuttosto ampio, affascina anche Sel e molti centristi, rischiando di creare seri guai al cammino del disegno di legge. Ieri c’è stata una riunione piuttosto vivace del gruppo dei senatori del Pd, durante il quale il capogruppo Luigi Zanda ha dovuto faticare non poco per giungere a una posizione unitaria. I 22 senatori, firmatari della bozza messa a punto da Vannino Chiti, hanno puntato i piedi e non hanno voluto ritirare il loro progetto. Tuttavia, come ha spiegato Zanda, «la data del 25 maggio resta ferma». Anche se la discussione sull’opportunità o meno di modificare il testo del governo si protrarrà nei prossimi giorni. All’assemblea dei senatori non era presente Vannino Chiti, per impegni parlamentari all’estero. Il senatore, autore della bozza (e destinatario principale degli strali di Renzi) ha però smentito di essersi incontrato con i senatori ex Cinquestelle o di altri partiti per caldeggiare l’approvazione della sua proposta.