Giornata ad alta tensione a Palazzo Madama sulla riforma del Senato. Segnata in tarda serata da un colpo di scena finale che spacca la maggioranza: l’ordine del giorno del leghista Roberto Calderoli, che reintroduce di fatto l’elezione diretta dei senatori in contemporanea ai consiglieri regionali, passa per un voto grazie ad un fronte trasversale tra popolari, forzisti, M5S e Sel, e grazie all’assenza del democrat dissidente Corradino Mineo.Il fatto è avvenuto quando tutto sembrava avviato verso una soluzione più o meno pacifica: la maggioranza di governo che approva il testo-base - quello varato dal Consiglio dei ministri -, e le altre forze del patto per le riforme che si accodano all’ordine del giorno di Anna Finocchiaro, che contiene le proposte di modifica concordate nell’ultimo vertice tra Renzi e Berlusconi. Ma l’odg Calderoli ha rotto le uova nel paniere, costringendo la Finocchiaro a ritirare il suo testo allo scopo di non mettere i due testi sullo stesso piano. Il forte pressing di Renzi su Alfano e Scelta civica riesce almeno ad evitare il peggio, così in extremis arriva il sospirato "sì" della maggioranza (con 17 voti - inclusi quelli di Fi e Lega - contro 10) al provvedimento tirato fuori qualche settimana fa dal governo.La proposta del ministro Maria Elena Boschi di far adottare alla Commissione il cosiddetto aveva determinato un braccio di ferro con conseguente stallo. È girata persino la voce che il ministro abbia fatto balenare la possibilità delle sue dimissioni, qualora la Commissione non avesse adottato il suo testo. Ma questa voce è stata smentita da lei stessa e poi da una nota ufficiosa di Palazzo Chigi: «Il Consiglio dei ministri ha approvato un testo sulle riforme e la maggioranza lo sosterrà». In serata, la stessa Boschi aveva detto: «Stiamo andando verso l’accordo, abbiamo fatto alcune aperture, ma non la diamo vinta a Calderoli».E invece Calderoli, alla fine, l’ha spuntata. Costringendo maggioranza e Forza Italia a un nuovo
round negoziale per tenere fede alla scadenza del 10 giugno. D’altra parte le premesse della giornata erano state due ed entrambe negative: l’annuncio mattutino di Berlusconi di considerare chiusa la partita sul testo-base («Non ci sono le condizioni perché Forza Italia approvi il testo del governo») e, appunto, la presentazione dell’ordine del giorno da parte di Calderoli. Il quale, vellicando la volontà di rivincita dei senatori, ha chiesto inoltre che la lama delle riforme non risparmi Montecitorio, tagliando di un buon terzo anche i deputati.Il problema è che la maggioranza che sostiene il governo non è altrettanto compatta sulla proposta di riforma del Senato "targata" Renzi e Boschi. Ncd è disponibile a votarla, ma nutre non poche perplessità. Così anche l’Udc, mentre i Popolari, per bocca del loro capogruppo Mario Mauro, hanno fatto sapere che se il testo non viene modificato, non lo voteranno. Tutte queste perplessità alimentano i dubbi della minoranza del Pd, da sempre poco favorevole alla proposta del governo. I mediatori hanno lavorato instancabilmente. Sino a una seconda formulazione dell’odg Calderoli, che si è concentrata sul tema cruciale - l’eleggibilità dei senatori tanto sgradita a Renzi - mettendo in stallo la partita delle riforme. Non è passato invece l’odg di Forza Italia sul presidenzialismo.