Il governo Letta non ha avuto sconti a sinistra, non da M5S, ma nemmeno da Sel, da cui forse si sarebbe aspettato un voto di astensione più che dalla Lega (che invece glielo accordò).Con 5 Stelle c’è stato solo il timido abboccamento dell’incontro in
streaming. Il futuro premier superò l’esame («Scongelatevi, accettate il dialogo sulle riforme», fu il suo invito) a differenza di Bersani, per il quale quella formula così anomala apparve come un’onta, una sorta di gogna mediatica. Grillo accusò i suoi di ingenuità: «Soltanto noi potevamo fare passare Letta come uno statista, è stato fantastico, e il povero Bersani Gargamella ha fatto la figura di quello che veniva preso in giro», disse l’ex comico bocciando ogni residua apertura possibile sul tema delle riforme.Toccò invece in aula, alla Camera, al capogruppo Gennaro Migliore motivare il no, indicando una diversa prospettiva di alleanza, simbolicamente rappresentata dalla proposta di affidare a Stefano Rodotà - il presidente della Repubblica mancato di una possibile maggioranza rosso-stellata - la presidenza della Convenzione per le riforme ipotizzata da Letta nel discorso programmatico. Una linea ribadita di recente da Nichi Vendola: «L’alternativa al governo che conclude il ventennio berlusconiano è dentro il Parlamento. Con una maggioranza che voglia difendere la Carta dagli attacchi sovversivi», ha detto il leader di Sel. La via d’uscita al governo che «propina la cicuta agli italiani». Con una nuova maggioranza composta dai partiti che vogliono «confrontarsi su un programma di governo snello ma dall’azione riformatrice forte, al cui primo punto c’è la cancellazione del Porcellum». Per poi tornare alle urne. Una linea di netta chiusura all’appello del Quirinale, a sostenere o quanto meno a lasciar lavorare questo governo.Con M5S la partita delle riforme è tornata poi di attualità per Letta nel durissimo ostruzionismo sul decreto del fare. Il gruppo di M5S ha condizionato lo stop alla sua iniziativa parlamentare al rinvio a settembre del disegno di legge costituzionale presentato dal governo, che istituisce il "Comitato dei 40" e definisce la tempistica delle modifiche alla Carta in modo più celere di quanto previsto dall’articolo 138. Il presidente del Consiglio accordò un incontro alla delegazione grillina. Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio potè alla fine esultare. «Il 7 e 8 settembre tenetevi liberi. Vinciamo noi. L’ostruzionismo ha funzionato». E da sinistra per Letta e il suo governo è sempre e solo chiusura.