Calabria. Diocesi e Caritas per un'economia più giusta che dia un futuro ai giovani
Il peperoncino coltivato a Scalea da detenuti in messa alla prova. Il miele e le erbe officinali prodotte a Vibo Valentia nel nome dello Spirito Santo. La serigrafia nata a Reggio Calabria nel quartiere Riparo, feudo del potente clan ndranghetista dei Libri. Il centro di accoglienza per i più poveri che a Sibari porta il nome di padre Lazzaro Longobardi, prete degli ultimi, ucciso cinque anni fa. L’albergo a servizio del santuario "Madonna delle Grazie" a Torre di Ruggiero, terra difficile, le Serre, percorsa dalla violenza della "mafia dei boschi". Sono le cinque cooperative "opere segno", frutto del progetto "Costruire speranza. L’agire pastorale delle chiese di Calabria: buone pratiche di giustizia e legalità" promosso dalle 12 Caritas diocesane, i cui risultati sono stati presentati a Lamezia Terme.
Un percorso progettuale sperimentale e innovativo, a livello italiano e regionale, che per la prima volta ha coinvolto tutte le diocesi calabresi, che hanno collaborato insieme con azioni di formazione, animazione, sensibilizzazione, percorsi di condivisione e concrete opportunità di confronto. A tenere le fila del progetto regionale la cabina di regia che si è occupata della fase di animazione, formazione e dell’incentivare e sostenere le "opere segno" delle singole diocesi.
Nei due anni del progetto si sono svolti 1.086 incontri territoriali che hanno coinvolto 16.588 persone nelle parrocchie, nelle scuole, nelle carceri, nelle piazze, nei campi sportivi e nelle periferie, nei luoghi di aggregazione. Al centro istruire ai valori di giustizia e legalità, sviluppare percorsi di animazione sui territori, porre le basi per un’economia sociale che abbia i giovani come protagonisti, valorizzare le realtà associative esistenti e facilitarne lo sviluppo. In seguito il progetto si è concentrato sull’operato delle singole diocesi, impegnate nello sviluppo delle "opere segno". Queste sono state affidate ai giovani, gli animatori della legalità, e corrispondevano alla gestione di un bene confiscato o alla realizzazione di una cooperativa e/o impresa sociale che fosse emblema della buona imprenditoria. Ragazzi che hanno deciso di restare, scegliendo la resistenza e la valorizzazione del territorio.
Si è iniziato con due beni tolti ai clan: la "Fazenda da Esperança San Luigi" affidata alla Caritas di Lamezia Terme e che ospita una comunità per il recupero dei tossicodipendenti; "Casa Anawim", appartamento confiscato alle azzardomafie, assegnato alla Caritas di Reggio Calabria-Bova e che ospita un centro di accoglienza per donne e minori, gestito dall’associazione Abakhi. Ci sono poi 12 "opere segno" non su beni confiscati. In primo luogo le 5 cooperative sociali. La "Progetto germano" di Scalea, che su un terreno comunale di cui si era appropriato un mafioso, coltiva peperoncino col marchio "scaliando" che vuol dire scavando, cercando. A Vibo Valentia è nata "Rhua" che in greco è il soffio dello Spirito Santo. A Sibari la "Oltremente". A Reggio Calabria la "Di#segni". A Torre di Ruggiero la "Nazareth", nata in collaborazione col Progetto Policoro della Cei.
Ci sono poi due associazioni: "Segni dei tempi" di Oppido Mamertina che si occupa di immigrati e sta realizzando dei punti di interesse per bambini (campetti di calcio e parchi gioco) in paesi ad alta densità mafiosa; "Santa Lucia" nel centro storico di Cosenza, zona degradata e con grande povertà, che nell’ex deposito di candele di Santa Lucia ha realizzato il doposcuola "Fratello maggiore". C’è poi il potenziamento di altre 5 iniziative.
A Crotone il servizio Caritas Macramè, con un laboratorio di sartoria e oggettistica per donne in povertà; a Lamezia, in un bene confiscato al clan Torcasio l’"Ostello della Carità", centro di accoglienza diffusa per giovani immigrati; a Rossano, alla stazione vecchia, il servizio Caritas e l’associazione "La tenda" per l’ascolto delle donne in difficoltà e con un laboratorio di recupero e riutilizzo di tessuti; a Benestare il parco giochi "La speranza siamo noi"; a Civita, in una casa comunale, un punto informativo/turistico per la visita alle splendide gole del Raganello.
Tutte le 14 "opere segno" hanno avuto formazione sull’economia sociale, sostenibilità, accesso alle banche, realizzazione di crowffunding. E il sostegno con 15mila euro ciascuna.