Attualità

Intervista. ​Quagliariello: «Se salta l’Italicum c’è solo il voto»

Arturo Celletti e Marco Iasevoli domenica 26 gennaio 2014

«Matteo, giochiamo a carte sco­perte. L’accelerazione sulle riforme ha contribuito a ri­muovere un blocco, ma il prezzo non può es­sere impantanare il governo». Una pausa leg­gera precede il secondo messaggio: «Le am­bizioni di Renzi sono anche legittime, ma o­ra bisogna fare in fretta perché abbiamo tut­ti il dovere di far voltare pagina al Paese». Gae­tano Quagliariello si rivolge al segretario del Pd mentre riflette a voce bassa su due priorità che «reclamano risposte immediate». Su due obiettivi che devono correre paralleli. «Rifor­me e programma 2014», ripete il ministro. Non è un momento facile. Le tensioni sono alte e Renzi e Letta faticano a trovare quella sinto­nia oggi vitale. Sfidiamo allora Quagliariello: se in Parlamento affondano l’Italicum ci so­no alternative a elezioni anticipate con il pro­porzionale? «Su questo la penso esattamente come Renzi: se salta la legge si va al voto. Ri­tenevo questa prospettiva un disastro per l’I­talia e continuo a ritenerlo, anche perché il proporzionale puro non farebbe altro che peg­giorare le cose trasformando le larghe intese in intese larghissime».Quali sarebbero le conseguenze per i partiti? Devastanti per i partiti e soprattutto deva­stanti per l’Italia. Se la legge elettorale dovesse restare così com’è, porrete voi di Ncd la questione di le­gittimità costituzionale?Noi vogliamo fare la legge, non farla saltare. La questione di costituzionalità non la porre­mo noi, ma dopo quanto accaduto col Por­cellum è un tema che si impone da sé. Proprio per questo lavoriamo per rafforzare l’impianto individuato, che è quello da noi scelto perché favorisce la chiarezza del risultato e il bipola­rismo.Quali alternative al premio di maggioranza, alle liste bloccate e alle 'soglie alte' potreb­bero comunque preservare il patto con Ber­lusconi? Il nostro problema non è abbassare le soglie di ingresso, ma far sì che la disproporziona­lità sia compatibile con le indicazioni della Consulta e consentire agli elettori di sceglie­re i propri rappresentanti. Non perché le pre­ferenze siano la panacea di tutti i mali o la co­sa migliore del mondo, ma perché in questa contingenza sono l’unico strumento per su­perare il Parlamento dei nominati. Letta in queste settimane, secondo lei, ha ri­nunciato a una funzione di mediazione nel­la maggioranza?In queste settimane il quadro politico è stato indebolito da diversi eventi. Per non man­darlo in frantumi bisognava essere molto pru­denti. A volte si può mediare anche con il si­lenzio. Questa non può diventare una regola per sempre. Per Ncd, a questo punto, non sarebbe più li­neare avere come unico interlocutore Ren­zi anche per quanto riguarda il governo? In­somma, non potrebbe essere Renzi il pre­mier con cui cambiare il Paese? In tre milioni hanno eletto Renzi segretario del Pd. È legittimo che ambisca alla premier­ship. Ha tre strade per punta­re all’obiettivo: aprendo nel suo partito il tema di una suc­cessione immediata; portan­do l’Italia subito al voto; op­pure, tenuto conto delle con­dizioni del Paese, può chiude­re questa fase di transizione con le riforme e poi passare per le elezioni vere. In tal caso, do­vrà attendere almeno fino a metà del 2015. E dovrà avere uno spazio d’azione, non acritico ma nem­meno assoluto. Mi spiego: Renzi non può pre­tendere di fare il dettato come alle scuole ele­mentari e deve rendersi conto che il 'pren­dere o lasciare' si addice al 'gioco dei pacchi' ma non alla politica. Dovrà giocare a campo aperto, sapendo che in Parlamento ogni par­tito ha le sue idee. Lei è nel mirino del segretario Pd che la ac­cusa di aver perso tempo sulle riforme...In questi nove mesi abbiamo lavorato molto nelle condizioni date, e se oggi si può parlare di riforme è perché Ncd ha impedito una cri­si di sistema. Stiamo abolendo il finanzia­mento pubblico ai partiti e le province. Nella commissione degli esperti per la prima volta scuole costituzionalistiche opposte si sono ri­conosciute e hanno trovato soluzioni comu­ni. Detto questo, quella commissione era na­ta per non perdere tempo nell’attesa della de­finizione di un procedimento più rapido per le riforme e di un assestamento nel centrosi­nistra dopo il trauma post-elettorale. Tutto il lavoro di accelerazione dell’iter, com’è noto, è andato in fumo per la defezione di Forza I­talia che si è tirata indietro. Poi è arrivata la fa­se congressuale del Pd. In quel periodo il go­verno aveva già preparato la riforma del bi­cameralismo, del Titolo V, l’abolizione del C­nel e il completamento dell’articolo 81 della Costituzione. Abbiamo rallentato per la richiesta di Letta di attendere che Ren­zi fosse eletto. Richiesta legittima, purché la cortese attesa ora non venga usata per lanciare accuse di immobilismo. Ritiene ancora necessario che ci sia il suo dicastero? Credo che il nuovo quadro determinatosi tanto nel centrosinistra con la segrete­ria di Renzi quanto nel centrodestra con la nascita di Ncd, potrà trovare più fa­cilmente un equilibrio se le riforme al­le quali tutti puntiamo si sgancino dal­l’attività del governo e diventino pa­trimonio di una leale quanto compe­titiva iniziativa politica in Parlamento. Si tratta di una mia idea personale, perché ritengo che fare le riforme sia più importante di rivendicarne il me­rito. Ne parlerò nei prossimi giorni con il premier e con il vicepremier. Sul Senato lei e Renzi avete visioni op­poste: lui non vuole più eletti, lei ritie­ne che almeno 100 debbano essere elet­ti contestualmente ai consigli regionali. Non ci sono vie di mezzo? Le nostre opinioni non sono opposte: en­trambi riteniamo che il Senato non debba dare la fiducia al governo e che debba di­ventare quella camera dei territori la cui assenza ha molto complicato il Titolo V. Io credo che questa funzione sia troppo importante per relegarla a una sorta di 'dopo-lavoro'. Meglio la regola 'un se­dere una sedia': a parità di sederi e di se­die fra le due proposte, riduciamo i con­siglieri regionali e distinguiamo i ruoli. Altrimenti, e lo dico senza polemica, senza volerlo ci si potrebbe ritrovare a fa­re il sindaco di Firenze, il presidente del­la città metropolitana, il segretario del Pd e il senatore. Neanche Goldrake po­trebbe fare bene tutto. Considerando le alte soglie dell’Itali­cum, non ritiene che Ncd abbia biso­gno di un segretario a tempo pieno?  Chi potrebbe essere? In questi mesi abbiamo do­vuto presidiare molte trin­cee: la nascita di un partito è tanto avvincente e creativa quanto compli­cata. Ora passeremo a una più compiuta ri­partizione dei ruoli e certamente dobbiamo rafforzare il partito. Troveremo insieme, in a­micizia, la soluzione più utile. Ha mai pensato che aver abbandonato Ber­lusconi sia stato un 'sacrificio inutile'? La nascita di Ncd è stata la prima riforma i­stituzionale. Creare un centrodestra nuovo, ritrovare la passione politica, costruire un pro­getto che non si esaurisca in un’esperienza e­roica personale ma possa proiettarsi nel tem­po è la premessa per costruire un sistema politico che possa fun­zionare. Se tutto sarà con­dizionato dalla contingen­za, anche la migliore delle riforme non funzionerà. Biso­gna saper guardare lontano, es­sere un po’ presbiti e non mio­pi come hanno dimostrato di essere i nostri ex compagni di partito. Con il ritorno in scena di Berlusconi è sempre più probabile che sarà lui a de­signare il candidato premier del centrode­stra: voi andrete in coalizione con Forza Ita­lia anche se il Cavaliere designerà leader Ma­rina o un suo fedelissimo, senza passare dal­le primarie? Noi vogliamo che il candidato del centrode­stra sia scelto con le primarie. E se andremo in coalizione con Forza Italia sarà per scelta e non per necessità. Per questo siamo im­pegnati a conquistare la forza per poter fare anche scelte alternative.