Novellara. Le minacce alla figlia: «Se non ti sposi farai la fine di Saman»
Saman, uccisa a 18 anni
«Se non ti sposi fai la fine di Saman Abbas». La terribile minaccia sarebbe stata lanciata alla figlia poco più che ventenne da un 52enne pachistano residente a Novellara. Lo stesso paese del Reggiano dove viveva la famiglia di Saman, assassinata nel 2021 dai familiari perché si era opposta al matrimonio con un cugino in patria: il corpo della 18enne fu ritrovato il 18 novembre 2022 in un casolare abbandonato. Risale a pochi giorni fa la condanna all’ergastolo dei genitori (la madre è ancora latitante), mentre allo zio sono stati inflitti 14 anni di carcere.
Proprio domani, mercoledì, il Consiglio comunale di Novellara concederà la cittadinanza onoraria a Saman e approverà un fondo a lei intitolato che - parole del sindaco Elena Carletti - favorirà «azioni concrete di sostegno e percorsi di inclusione delle donne, di ogni etnia e religione, che vivono situazione di difficoltà, di subalternità e di violenza, dentro e fuori le mura domestiche», nonché interventi di contrasto e prevenzione di questi fenomeni che purtroppo, come dimostra il caso emerso oggi, continuano a ripetersi in determinati contesti, ancora troppo permeati da una subcultura liberticida e oscurantista.
Le storie delle due ragazze si sovrappongono infatti in modo inquietante, anche se per fortuna in quest’ultima situazione si è riusciti a intervenire in tempo, scongiurando un altro possibile tragico finale. Per il padre della ventenne e sua moglie, matrigna della ragazza, i carabinieri hanno fatto scattare un divieto di comunicare e di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima, che nel 2021 fu costretta a nozze a distanza con un cugino. Lei si era opposta a sposarlo fisicamente, di qui le minacce del padre. Come misura cautelare è stata disposta per tutti l’applicazione del braccialetto elettronico. Entrambi i coniugi sono stati denunciati per maltrattamenti, l’uomo dovrà rispondere anche di costrizione o induzione al matrimonio.
La ragazza abitava a Novellara con il padre, la seconda moglie 37enne e i fratelli nati dal secondo matrimonio. La madre naturale era invece morta in Pakistan quando lei era appena nata. Un decesso, questo, che sarebbe avvenuto ufficialmente per cause naturali. Ma la ragazza avrebbe riferito di aver ascoltato racconti nel corso dell’infanzia nel paese di origine, secondo i quali si sarebbe in realtà trattato di un omicidio commesso dallo zio, fratello maggiore del padre. L’indagine dei carabinieri ha accertato che la ragazza, come già capitò a Saman, viveva praticamente segregata: non era libera di uscire di casa, né di cercarsi un lavoro e tantomeno di avere contatti con il mondo esterno. La giovane avrebbe anche interrotto gli studi subito dopo l’esame di terza media, sempre su costrizione del padre. Gli adulti di casa le dicevano che era musulmana e che per questo doveva tenere comportamenti adeguati, inoltre le ripetevano di non fidarsi degli assistenti sociali che la seguivano.
Una ferma volontà di tenerla lontana dai valori occidentali, che di fatto si traduceva in una negazione quasi assoluta della sua libertà. Finché lei ha deciso di opporsi al suo destino, prestabilito dalla famiglia. Di recente la ragazza aveva riferito proprio ai servizi sociali che il padre le aveva prospettato di partire per un viaggio in Pakistan. Per questo motivo, temendo per la propria incolumità, avrebbe accettato di essere collocata in una comunità protetta.
La ventenne ha confessato agli investigatori di avere paura perché nel 2021 era stata costretta dal padre a sposare a distanza il cugino, mai visto di persona, e ritenuto figlio dello zio. In Pakistan si sarebbe dovuto celebrare anche fisicamente il matrimonio. A quel punto la ragazza si era ribellata, suscitando la reazione dura del padre, culminata nella minaccia di farle fare la stessa fine della povera Saman Abbas. Per fortuna, stavolta il sistema di prevenzione ha funzionato, evitando una drammatica replica di quanto già accaduto.
La procura reggiana, diretta dal procuratore Calogero Gaetano Paci, ha condiviso gli esiti delle indagini dei carabinieri di Novellara, supportate anche dalle attività dei servizi sociali del Comune, e ha richiesto le misure cautelari al gip, che ne ha disposto l’applicazione.