Attualità

IL GRANDE FREDDO. Se l'Italia sembra il Polo Nord

mercoledì 8 febbraio 2012

A CESENA UNA "RIVOLUZIONE BIANCA di Francesco ZanottiChi non vede non può proprio immaginare. La perturbazione che ha colpito tutta la Romagna, in particolare il comprensorio di Cesena, è di quelle per le quali non ci sono aggettivi adeguati. Dire che è un evento eccezionale non rende giustizia a una nevicata che non si verificava in questa parte della regione almeno dal 1929, l’anno del famoso “nevone” citato da Federico Fellini nel suo "Amarcord". Sono a casa, davanti al mio computer portatile. Scrivo da questa postazione improvvisata. Il giornale che dirigo, questa settimana, non uscirà nella sua versione cartacea. L’ultimo numero stampato giace ancora alle Poste e non sappiamo quando verrà recapitato. È rimasto intrappolato nella bufera di mercoledì scorso, iniziata alle otto di mattina. Da allora sono stati sei giorni di neve intensa, fitta e gelata che ha trasformato questo lembo di Romagna in un paesaggio siberiano. In città, a Cesena, la neve ha superato di molto il metro di altezza. Sulle prime colline, appena un paio di chilometri fuori le mura del centro storico, il manto è oltre il metro e mezzo. Ce ne sono quasi due a Mercato Saraceno, Sarsina, Sogliano, Roncofreddo, Bagno di Romagna. Il mercato ortofrutticolo all’ingrosso che ha sede a Pievesestina, nei pressi del casello di Cesena Nord dell’autostrada A14 Bologna-Taranto, è stato chiuso per problemi alla copertura. La trave portante del tetto del palazzo dello sport, il Carisport, ha avuto un cedimento e l’intero impianto è stato dichiarato inagibile. Le scuole sono chiuse da cinque giorni e fino a venerdì non verranno riaperte. Non viene consegnata la posta da mercoledì della scorsa settimana e dallo stesso giorno non vengono ritirati i rifiuti dai cassonnetti, in moltissimi casi ormai sepolti dalla neve. L’azienda del gas e dell’acqua, Hera, ieri ha registrato un boom di chiamate telefoniche: 1.500 ogni quarto d’ora, su ben 160 linee telefoniche disponibili.

È intervenuto anche l’esercito con mezzi molto potenti e un centinaio di militari. Sono presenti i vigili del fuoco di Torino e di Bolzano, mentre lavorano senza sosta, da sei giorni consecutivi, gli uomini dei Comuni con i sindaci in testa, quelli della Protezione civile e delle forze dell’ordine. È tutta una corsa contro il tempo per raggiungere case isolate, anziani soli, allevamenti in cui mancano acqua e viveri. Lungo le strade si notano moltissime auto imprigionate nella neve che le supera in altezza. Da cornicioni di case e palazzi incombono enormi stalattiti e pericolosissime formazioni di neve. Le strade sono fiancheggiate da muraglie bianche che, appena si abbandona la via Emilia, raggiungono i due metri di altezza. La superstrada E45 Terni-Cesena è rimasta chiusa per giorni. In diversi centri di collina e montagna scarseggiano i generi alimentari. Manca anche il carburante. Non si contano i cedimenti dei tetti di capannoni, pollai e ricoveri degli attrezzi. Qualche abitazione, per precauzione, è stata sgomberata. In questo quadro, la gente ha espresso il meglio di sé. Poche lamentele, ma molti fatti. Armati di badili spazzaneve, ognuno ha pulito il proprio passo carraio, ha aiutato i vicini e si è preoccupato per l’amico e il parente. L’antico spirito di una Romagna solidale ha ripreso vigore sotto il gelo di questo febbraio che ha costretto tutti quanti a una vita meno frenetica e più essenziale.LA SILA FESTEGGIA LA STAGIONE INATTESA di Beatrice BenvenutiPasseggiate, pupazzi, battaglie a palle di neve, discese a perdifiato, sciate indimenticabili e previsioni per un fine settimana all’insegna del tutto esaurito. C’è qualcosa di alpino, anzi di dolomitico, tra i morbidi rilievi che proteggono l’altopiano della Sila dai quali svetta, sfiorando i duemila metri, il monte Botte Donato. Una sorta di isola felice in mezzo a disagi e disservizi che stanno mettendo a dura prova il Centrosud e la Calabria in particolare. Perché se da un lato la perturbazione della scorsa settimana ha colto impreparati sindaci e popolazione, dall’altro ha rilanciato la stagione turistica invernale che cominciava a segnare il passo. E anche se ieri a Lorica (Cosenza) una vera e propria bufera di neve ha impedito l’apertura degli impianti sciistici e nella zona di Botte Donato, dove il manto bianco ha superato il metro, il vento forte ha provocato disagi, gli operatori turistici guardano con ottimismo al fine settimana. A Camigliatello Silano (Cosenza), dove la coltre misura settanta centimetri, in questi giorni, è la nebbia a tener lontani dalle piste gli sciatori, ma non è abbastanza fitta da impedire ai turisti, nonostante i meno tre, di fare passeggiate e ai bambini di modellare i tradizionali pupazzi e di scatenare vere e proprie battaglie con le palle di neve. Anche qui l’attesa si concentra sul fine settimana in vista del tutto esaurito già registrato a fine gennaio e inizio febbraio. I turisti dovrebbero arrivare in particolare da Puglia e Sicilia. «Questa nevicata - sostengono i titolari degli alberghi - è per noi come una manna dal cielo perchè ci consente di far vivere al meglio ai turisti la nostra montagna calabrese». Adesso, dopo tanta neve, ci vorrebbe un po’ di sole. Impianti aperti anche a Gambarie, nel cuore dell’altro Parco calabrese, quello dell’Aspromonte, dove nonostante l’abbondante nevicata di ieri, c’erano turisti sulle piste.Non così soddisfatti, invece, gli abitanti di altri comuni montani del Cosentino che non vedono l’ora di voltare pagina perché continuano a mancare corrente elettrica, gas e acqua e da ieri anche i telefoni sono fuori uso. Succede ad Alessandria del Carretto, Albidona e Nocara, a Longobucco, Scala Coeli e Bocchigliero. Campana è addirittura isolata e alcune contrade sono irraggiungibili. Stessa situazione a Mondatoriccio dove la neve ha toccato il metro e il sindaco ha chiuso le scuole. «Non abbandonateci», ripetono i primi cittadini alle prese con l’emergenza. Per loro la perturbazione si è rivelata catastrofica e non smettono di lanciare appelli, e anche accuse, alla protezione civile.MEDICATE LE MANI DELLA MADONNA di Alessia GuerrieriÈ venuta giù, senza far rumore, nel silenzio di una notte piena di candore. La tenda-chiesa della frazione aquilana di Santa Rufina di Roio non ha retto il peso dell’abbondante nevicata di quattro giorni fa e dopo aver resistito fino a domenica, si è arresa accasciandosi su un fianco. Ha portato giù con sé tutto l’arredo recuperato della basilica di San Nicandro e Marciano, non risparmiata dal sisma del 6 aprile. A terra, insieme alla struttura di ferro e alla copertura in plastica, anche i tanti piccoli capolavori all’uncinetto che le donne del paesino (400 anime) avevano in questi mesi costruito con le loro mani per l’altare. Adesso si ricomincia daccapo, tutti insieme, come dopo il terremoto, fasciando le "ferite" alla statua della Madonna, al crocifisso ligneo e alle sculture dei santi patroni tanto cari alla gente di qui. Si commuove la signora Tina, quando con una garza azzurra immobilizza le mani giunte della Vergine che un trave, collassando, ha preso per fortuna solo di striscio. Tra i fiocchi bianchi portati dal vento si recupera, passandoseli di mano in mano, calici, pisside, tabernacolo, banchi. Fa rabbia ora vedere come la natura ha voluto di nuovo accanirsi su una delle poche frazioni dell’Aquila che celebra ancora la messa in una tenda. «All’inizio sono stato preso dallo sconforto, ma poi ho visto la forza dei miei parrocchiani nel lavorare insieme per salvare il salvabile». Don Osman Rafael Prada Fernandez ha imparato da loro a non lamentarsi, a guardare «ogni problema come una preparazione per accogliere il dono, un cammino di fede che ci porterà a qualcosa di più grande». Come la sua, anche altre quattro tende-chiese nella diocesi hanno subito pesanti danni, ma sta per arrivare ancora altra neve e non c’è tempo di piangersi addosso. «Ognuno aveva da spalare davanti i propri alloggi provvisori per liberare gli usci, invece me li sono ritrovati intorno ad aiutarmi in chiesa». Il parroco però ammette che qui si è fortunati, almeno domenica la messa si potrà celebrare nella struttura polivalente costruita dalla solidarietà. «Per i nostri anziani è stato come perdere di nuovo la loro casa, questa tenda-chiesa, fredda d’inverno e calda d’estate, a cui con fatica si sono abituati», dice Angela Marinangeli del comitato cittadino. Un’emergenza nell’emergenza che però ha già forse un lieto fine. «Ci ha appena contattato un restauratore di Roma conosciuto ai tempi del terremoto - racconta - si è offerto di risistemare gratuitamente parte delle statue danneggiate». Il nome? «Non è importante». Angela fa una pausa. «La generosità è più bella se resta anonima».